Lo avevamo annunciato, e così è stato: i mesi di grande fermento si stanno effettivamente consumando, e tra l’attesa del pagamento per gli obiettivi del II semestre 2022 – la chimerica terza rata – e i cambiamenti in corso, la tensione resta elevata. Intanto, da tempo si parlava di modificare gli obiettivi del I semestre 2023, connessi quindi alla richiesta della quarta rata dei fondi, alla luce dell’impossibile realizzazione.
E, nel pomeriggio dell’11 luglio 2023, la Commissione europea ha dato l’ok alle istanze di Roma: è stata quindi immediatamente convocata la Cabina di Regia per il PNRR, in modo da approvare formalmente le proposte, per poi presentarle al Parlamento – il prossimo 18 luglio, quando il Ministro Fitto esporrà la relazione semestrale – e (nuovamente) a Bruxelles.
È quindi ufficialmente iniziato il processo di revisione degli obiettivi: lo ha annunciato il Ministro, nella conferenza stampa che ha fatto seguito alla riunione della Cabina di Regia per il PNRR, nella stessa serata. Il titolare del dicastero degli Affari Europei, Sud, Politiche di Coesione e PNRR ha rappresentato le novità emerse, provando a rassicurare i presenti e l’intero Paese.
Ma a che punto siamo con il PNRR, cosa ne è delle risorse che si attendono da mesi e quale sarà il futuro prossimo del Piano? A tutte queste domande probabilmente non c’è una risposta univoca ma, procedendo per gradi, proviamo a far il punto della situazione.
Una nuova deadline per i 27 obiettivi del PNRR
A fine maggio, mentre si attendeva il famoso pagamento – che al momento ancora non è arrivato – la Commissione europea aveva già redarguito il Bel Paese, attraverso l’emanazione di tre raccomandazioni, contenute nell’ambito del pacchetto di primavera.
Quello che preoccupava, già quasi 2 mesi fa, non era solo il ritardo nella liquidazione delle risorse, ma anche la realizzazione degli obiettivi per il I semestre, entro il 30 giugno 2023. Questo termine, secondo il Ministro Fitto, sarebbe “meramente indicativo” mentre la data su cui bisognerebbe puntare, ora, per essere “in time”, è il 30 agosto 2023.
E allora, entro tale deadline, bisognerà conseguire gli obiettivi, alla luce delle recenti modifiche. Sono stati dieci i punti “ritoccati” nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con il coinvolgimento di sei Ministeri, ovvero quello delle Imprese e Made in Italy, il Ministero delle Infrastrutture e i Trasporti, dell’Ambiente e Sicurezza energetica, il Ministero dell’Istruzione e quello sulla Cultura e Politiche di coesione.
Poi, dopo la concessione, Bruxelles non accetterà più scuse.
PNRR, la modifica ai 10 target
Ma quali sono, allora, le novità? Si tratta di dieci obiettivi, praticamente di difficile o quasi impossibile realizzazione, il cui sicuro non raggiungimento, entro agosto 2023, avrebbe potuto inficiare la richiesta della quarta tranche, pari a 16 miliardi di euro.
Si parte dal Progetto Cinecittà, puntando l’attenzione sulla questione degli asili nido, e del rinnovo del trasporto ferroviario, soprattutto regionale, per arrivare alla problematica relativa alla creazione di imprese femminili.
Ci sono, poi, tre temi particolarmente sensibili. Il primo riguarda le colonnine elettriche, fondamentali nell’ambito della transizione ecologica, la cui realizzazione va a rilento, con un target di 6.500 unità, a fronte però di una domanda di fondi per sole 4.700.
Sempre in ambito ambientale, si dibatte sull’incentivo per le caldaie a gas, agevolazione non molto apprezzata dai tecnici UE, e sulla modifica della sperimentazione dell’idrogeno per il trasporto ferroviario. Le altre variazioni riguardano poi il Terzo Settore, la riduzione del ferro (ovvero la percentuale di ossigeno rimosso dal minerale) e la questione relativa agli investimenti sui satelliti.
La revisione degli obiettivi PNRR, una scelta strategica
L’approvazione del nuovo assetto dovrebbe servire ad evitare ulteriori problematiche, con ritardi e danni – diretti e indiretti – alle finanze pubbliche. Gli obiettivi sono stati rivisti per velocizzare i tempi, attraverso un “lavoro tecnico preliminare” che potrà evitare inutili lungaggini.
Si è scelto di cambiare metodologia, intervenendo su misure che riguardavano la precedente impostazione del Piano, e modificando alcuni dettagli soprattutto tecnico-amministrativi. In questo modo, la verifica del raggiungimento degli obiettivi potrebbe essere più celere e lineare, accelerando l’emanazione della quarta tranche, senza bloccare il processo, come accaduto per la terza.
E, proprio a tal proposito, il fatto che, al momento, i fondi risultino ancora pendenti, inizia a pesare in maniera incisiva. La fiducia, su un futuro utilizzo delle risorse, vacilla, disequilibrando i progetti e creando tensioni e difficoltà nella gestione della situazione. Si tratta comunque di soldi anticipati dal Governo ma anche dalle stesse imprese, dai Comuni e dai vari protagonisti del cambiamento, in Italia.
PNRR: e se, a causa della terza tranche, slittasse la quarta?
Se non arrivano i 19 miliardi della terza rata, corrispondenti al raggiungimento degli obiettivi del II semestre 2022, si rischia un serio blocco degli investimenti strategici e delle assunzioni, con ripercussioni anche sull’ingranaggio che muove la produttività nel Paese. Intanto, da mesi, il Commissario Ue Paolo Gentiloni rassicura il Paese, affermando che è questione di giorni – a meno che non si tratti del famoso loop temporale della marmotta.
Le ultime voci ipotizzano un pagamento non prima di settembre 2023 che, di fatto, potrebbe provocare un ulteriore ritardo anche nell’incasso della quarta rata. Questa, il cui pagamento sarebbe previsto entro fine anno, molto probabilmente non arriverà prima della primavera 2024, con tutto quello che poi ne deriverà, partendo proprio dallo sbilanciamento dei conti pubblici.
Si prevedono, quindi ancora settimane di fuoco incrociato, e non solo meteorologicamente, tra i diversi esponenti politici, per cercare un capro espiatorio a tutta l’impasse. Intanto, il Ministro ha comunque escluso una richiesta di pagamento parziale, di seguito allo stralcio dei progetti rinviati.
E, se vogliamo consolarci, pensiamo che l’Italia non è l’unico Paese che ha sottoposto a Bruxelles delle modifiche (si pensi alla Francia e a Malta, anche in considerazione del capitolo aggiuntivo del RepowerEu. Dunque, siamo tutti sulla stessa barca. O forse no?