È passato quasi un mese da quando ci interrogavamo sulle sorti della terza tranche di pagamento del PNRR, in arrivo da Bruxelles. Ad oggi, però, dei 19 miliardi di euro non c’è ancora nessuna traccia.
La gestione del dossier italiano è ancora in fieri e dovrebbe preoccupare più la futura mancata attuazione degli obiettivi che la trattativa in corso. Al di là delle rassicurazioni, in attesa che i 67 miliardi di euro già ricevuti diventino 86, bisognerà focalizzare l’attenzione su un dettaglio importante. Non è salutare continuare a rimuginare sul ritardo esecutivo ma è necessario operare affinché questo stesso non si verifichi.
Intanto, i Ministeri italiani temporeggiano: si stima che i fondi soggetti al cambio di destinazione dei progetti rappresentino fino al 15% del totale destinato all’Italia (191,5 miliardi), ovvero fino a 28,7 miliardi. Ciò significa che ogni dicastero dovrà individuare delle modifiche agli investimenti, ma sembra che nessuno sia propenso a rinunciare, a cuore leggero.
Sono giorni molto delicati per le sorti del PNRR ed è il momento di capire cosa stia davvero accadendo, provando a rimediare, prima che sia troppo tardi.
Il PNRR nelle raccomandazioni del “pacchetto primavera”
Mentre Bruxelles temporeggia, lasciando l’Italia con il fiato sospeso, la stessa Commissione europea redarguisce il Bel Paese. Lo fa attraverso l’emanazione di tre raccomandazioni, contenute nell’ambito del pacchetto di primavera, indirizzato al Governo, in tema PNRR, ma non solo.
Il documento, ufficializzato il 23 maggio 2023, fornisce a ogni Stato membro orientamenti sulle misure da intraprendere, per stimolare l’occupazione, la crescita e gli investimenti, mantenendo nel contempo la solidità delle finanze pubbliche, funzionalmente alla preparazione della Legge di Bilancio per il 2024.
Le raccomandazioni per l’Italia si focalizzano principalmente su tre temi: l’attuazione del PNRR, anche in considerazione delle proposte di modifica, con l’integrazione del capitolo RepowerEU; la garanzia di complementarietà e sinergia tra le politiche di coesione e quelle del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza; il necessario rafforzamento della governance e della capacità amministrativa, soprattutto a livello locale.
Su questo ultimo punto, il rallentamento è dovuto alla Struttura di Missione, istituita con il Dpcm del 26 aprile 2023. E non potrebbe essere diversamente, dati i tempi tecnici per il reclutamento e il conferimento d’incarico degli esperti. Per cui più che una critica è effettivamente un dato di fatto. Ma per il resto? Ha ragione Bruxelles?
Le richieste disattese per la realizzazione del Piano
L’UE chiede anche un’accelerazione in ambito ecologico, con una più celere transizione energetica, e una maggiore indipendenza dai combustibili fossili, con la velocizzazione dell’iter produttivo per le energie rinnovabili.
Nelle raccomandazioni di primavera, infatti, viene richiesta una limitazione della spesa primaria netta, per favorire gli investimenti necessari per la transizione verde e digitale, ma anche un rafforzamento della capacità amministrativa, a livello subnazionale, in modo che sia realizzabile, in maniera più rapida, l’attuazione del PNRR.
E questo si ricollega alla scarsa capacità degli enti di far fronte agli impegni. È vero che, qualora i Comuni non riescano a realizzare quanto dovuto, è possibile adottare poteri sostitutivi ma, di fatto, ciò non è ancora avvenuto. E la Commissione sottolinea questa mancanza.
C’è poi un’altra richiesta precisa, emblema di una problematica ben più radicata: l’Italia dovrà effettivamente, e non solo a parole, realizzare investimenti per la creazione di stazioni di ricarica per i veicoli elettrici, allineandosi alle tempistiche europee.
Le questioni pendenti e il ritardo del PNRR
Ma, al di là della strigliata ricevuta per il tramite dello Spring Package, a che punto siamo con l’iter di realizzazione del PNRR?
Diverse implementazioni risultano ancora pendenti, tra cui la questione dell’idrogeno, i cui progetti sono destinatari di importanti risorse, rimaste però inutilizzate. Solo recentemente, con il Decreto del Ministero dell’Ambiente dell’8 maggio 2023, che modifica il Decreto Direttoriale n. 254 del 15 marzo 2023, è stato aperto un bando – con chiusura al 30 giugno 2023 – per la realizzazione progetti di investimento e di ricerca e sviluppo, per la decarbonizzazione dei processi industriali.
Il problema dell’idrogeno è insito nella mancanza di lungimiranza: le importanti risorse destinate a questo settore cozzano con l’assenza, al momento, di un bisogno in tale ambito, in uno scenario realizzabile tra un decennio, forse, ma non oggi. E le imprese, quindi, ci pensano due volte, prima di lanciarsi in progetti ancora nebulosi.
Perché la domanda è frenata?
Al di là della progettualità del breve periodo, emerge un altro dato incontrovertibile, che riguarda la mancanza di domanda, da parte delle imprese, per la realizzazione di specifici progetti – non sempre ma, sicuramente, più di quanto si fosse inizialmente immaginato. Dai bandi PNRR non ci si aspettava un’affluenza simile a quella dei famosi “click day”, certo, ma a fronte di un’offerta economica sostanziosa, si ipotizzava (o sperava?) una risposta maggiore.
Cosa è accaduto? Ci sono diversi elementi da valutare. Partiamo dall’attuale scenario economico, che non è certamente brillante. Ricordiamo che, alla crisi pandemica, ha fatto seguito un disequilibrio geopolitico dai connotati rilevanti, che ha portato all’innalzamento dei prezzi energetici, con un ulteriore aggravio per le imprese. Intraprendere nuovi investimenti, ora, nell’idrogeno ma anche in qualsiasi altro comparto, è un atto di coraggio, per più di un motivo.
Il substrato industriale sta agendo in maniera riflessiva, operando conservativamente e agendo solo dopo aver ponderato le scelte, per le possibili conseguenze del breve futuro. E su questo non gliene si può fare una colpa, anche se tutto ciò rallenta la realizzazione degli obiettivi previsti dal PNRR.
Bandi, expertise e procedure, tra le criticità del PNRR
Ricordiamo, poi, che la struttura dei bandi è particolare. È vero che, a primo acchito, sembra che sia semplice ricevere le risorse economiche, e forse lo è anche, ma non è così immediato. Contributi a fondo perduto e finanziamenti arrivano, ai vincitori, ma non nell’immediato. Ciò significa che, inizialmente, le imprese dovranno anticipare i costi, e non è così scontato che abbiano la liquidità.
C’è poi l’aspetto che riguarda l’expertise, soprattutto nel caso delle transizioni gemelle e, in particolare, per quella digitale, dove sono richiesti requisiti molto elevati, sia alle stesse imprese – e al personale impiegato nell’investimento – che al progetto, con livelli di maturità tecnologica anche importanti.
Infine, la procedura e la tempistica: spesso la forbice temporale è ristretta, le procedure appaiono complesse e, a volte, non facilmente attuabili. È quindi necessario ricorrere ad esperti che possano seguire l’iter della domanda, con ulteriori costi che, sì, talvolta possono rientrare tra quelli ammissibili, ma pur sempre rappresentano spese da anticipare.
In tal senso, sebbene per alcuni progetti sia già offerto un servizio di supporto ex ante, sarebbe necessario incrementare il numero di webinar, workshop e strumenti digitali che possano coadiuvare l’iter di presentazione della domanda.
PNRR, serve un approccio semplificato e più diretto
Restando in tema di semplificazione, sarebbe quindi necessario focalizzare l’attenzione proprio sulla semplicità della procedura, e sulla incisività della comunicazione. Secondo i dati dell’ultimo sondaggio Ipsos il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza non è un argomento che interessa in massa. Risulta che solo il 12% delle persone lo conosca in “modo approfondito”, mentre il 44% ha una conoscenza parziale. Il 28% poi ne ha solo sentito parlare e il 16% lo ignora del tutto.
Probabilmente le percentuali sarebbero diverse, se la stessa domanda fosse stata fatta ad una platea imprenditoriale, ma resta un problema di fondo, ovvero una migliorabile comunicazione delle opportunità offerte da uno strumento così prezioso.
Pertanto, sembra evidente che al di là dei numeri da realizzare, con la corsa agli obiettivi, è quello che c’è dietro che va reindirizzato meglio. Bisogna procedere con saggezza, per evitare di rovinare tutto. L’Italia risulta il maggiore beneficiario, in termini assoluti, della Recovery and Resilience Facility, facendo addirittura emergere un interesse a ricevere ulteriori prestiti.
Ma, se non c’è l’attuazione dei progetti – e l’armonizzazione della materia – ciò diventa impossibile e, soprattutto, controproducente. Intanto, per il 31 maggio 2023, è stata convocata la cabina di regia per l’approvazione della prima relazione semestrale sul PNRR, del Governo Meloni.