Lo scheduling è l’elemento critico di un impianto flessibile di produzione: deve operare realtime con cambiamenti di ordinativi e indisponibilità temporanee, e valutare le sequenze di operazioni elementari che crescono esponenzialmente con il numero di pezzi e di macchine.
Lo scheduling della produzione è quel processo che ricevendo in ingresso il ciclo di lavorazione del prodotto e la pianificazione operativa dell’impianto, assegna e genera la sequenza delle attività a ciascuna risorsa in base alla loro effettiva disponibilità, priorità e capacità produttiva, con l’obiettivo di ricercare percorsi di minimizzazione del costo di produzione. In generale, in base alle politiche di competitività del mercato, vengono perseguiti più obiettivi contemporaneamente, come, per esempio, la minimizzazione delle scorte o dei tempi di configurazione, oppure la massimizzazione del carico di lavoro o il bilanciamento del carico tra le risorse. Ne abbiamo parlato con Andrea Rossi, responsabile tecnico del Laboratorio di Metrologia del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale (DICI) dell’Università di Pisa.
Per collocarci in un preciso contesto di riferimento, potrebbe descriverci la sua attività presso l’Università di Pisa?
Presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale afferisco al gruppo di ricerca che si interessa delle Tecnologie e Sistemi di Lavorazione. In generale, il settore studia le tecnologie e i metodi di sviluppo dei processi di trasformazione dei materiali e, infine, la gestione delle informazioni nelle varie fasi del ciclo di vita, dalla materia prima al prodotto finito e all’eventuale riciclo. In questo contesto, mi occupo di sviluppare soluzioni tecnologiche efficienti di modelli di produzione per rispondere alle esigenze crescenti di competitività e sostenibilità, finalizzati a un trasferimento tecnologico a favore di aziende collocate nel panorama nazionale. I modelli studiati permettono di pianificare la produzione con particolar riferimento allo scheduling e al process planning delle operazioni tecnologhe, queste ultime ottenute da uno screening di dettaglio delle attività svolte nelle varie realtà produttive durante gli stage aziendali dei nostri laureandi. Mi occupo quindi di implementazione di architetture software complesse che utilizzano tecniche particolari di intelligenza artificiale basate sulla trasposizione di forme naturali di intelligenza che si osservano in ambito biologico. In ambito metrologico, sto sviluppando alcune tecniche che permettono di eliminare l’errore insito negli algoritmi di analisi attualmente impiegati in produzione industriale. Queste tecniche sono particolarmente complesse e richiedono strumenti implementativi simili a quelli esposti precedentemente. I risultati raggiunti negli ultimi anni sono stati pubblicati sulle maggiori riviste internazionali del settore e fanno del nostro gruppo di lavoro un punto di riferimento internazionale per il complesso di tecniche utilizzate. Attualmente stiamo mettendo a punto una tecnica innovativa che permette all’operatore di selezionare con quale approssimazione vuol ottenere la soluzione di un problema (tipicamente l’approssimazione è insita e forzata dalla specifica di progetto) avendo a disposizione un esatto riscontro in termini di tempo di attesa. È in corso una collaborazione con una università tedesca per estendere il campo di applicazione in ambito metrologico.
Riferendoci a sue specifiche competenze, saremmo interessati ad approfondire il tema dello scheduling di Impianti Flessibili di Produzione. Potrebbe riassumerci lo stato dell’arte su questo tema? Quali le linee guida?
Ogni impianto flessibile di produzione presenta un suo specifico modello simbolico che permette di essere letto, gestito e monitorato da un sistema di controllo con diversi gradi di automazione e diversi gradi di integrazione tra i diversi componenti. Negli ultimi 3 decenni, i modelli di produzione hanno seguito lo stesso rapido sviluppo che hanno avuto tecnologia e automazione industriale. Le prime linee a flusso erano supportate da un modello di tipo flow-line dove tutti i prodotti seguivano uno stesso percorso dalla materia prima al magazzino finale di stoccaggio, e lo scheduling operava accorpando il più possibile pezzi che avevano la stessa configurazione intesa come sistema di afferraggio/staffaggio e utensili (setup). Il risultato era un’unica sequenza di pezzi da mandare in produzione, che rimaneva inalterata in ogni stazione (flow-shop). Successivamente le linee a flusso furono dotate di magazzini intermedi (buffers) che davano un grado di libertà in più perché il buffer permette lo scambio di pezzi nella sequenza produttiva di ciascuna macchina (non-permutation). Quindi lo scheduling doveva essere in grado di gestire per ogni macchina una sequenza di setup con minimi interscambi. Quando la competitività globale si esplicava attraverso la mass production, gli impianti flessibili di produzione vennero dotati di un ulteriori gradi di libertà: avere più unità per ogni tipo di stazione della linea che operavano parallelamente (più torni, più centri di lavorazione, etc), e permettere ai pezzi di seguire percorsi (routing) differenziati all’interno dell’impianto (modello job-shop). Il modello flow-shop, laddove era possibile, venne sostituito perché inefficiente per una produzione di massa: uno scheduling flow-shop lascia inutilizzate nella sua parte iniziale le macchine che sono richieste nella parte finale del ciclo e viceversa. Per far questo occorreva un forte ripensamento a valle del processo di produzione cioè del ciclo di lavorazione del prodotto. Man mano che il grado di automazione cresce e la domanda di beni di consumo e strumentali tende a personalizzarsi con il cliente, orientandosi verso la mass customization, non è più accettabile l’inefficienza organizzativa che deriva meramente dall’algoritmo utilizzato per lo scheduling, laddove fallisce nel raggiungimento della funzione obiettivo, e il processo di schedulazione diviene fattore primario di competitività nel mercato globale dell’azienda. Nel modello produttivo iniziano a emergere isole flessibili, con più unità produttive, interconnesse in una rete attraverso un sistema automatizzato di movimentazione dei pezzi e immagazzinamento in buffer locali (flexible job-shop). Per ogni pezzo o batch di parti e per ogni macchina devono essere considerati i tempi di setup e, soprattutto, tempi di trasporto diversi a seconda del percorso tra i reparti. Il trend odierno osservato nei sistemi flessibili è quello di accorpare entro un’unità produttiva tutta la varietà di possibili lavorazioni e di utilizzare strumenti di afferraggio modulare. Questo rende efficiente il sistema di setup e elimina la movimentazione tra le varie stazioni. Per esempio, aumentando il numero di assi che forniscono moti di alimentazione e di lavoro, avendo a disposizione tutti gli utensili necessari, si possono accorpare ed eseguire una moltitudine di operazioni per asportazione di truciolo che evitano percorsi aggiuntivi nel sistema tra le diverse stazioni dedicate. Lo staffaggio modulare invece consente di riutilizzare parte dell’attrezzatura utilizzata per produrre i pezzi già lavorati evitando il costo di riattrezzaggio fatto ripartendo da zero. Un’altra potenzialità è quella di fornire cicli alternativi di lavorazione durante la fase di process planning al fine di evitare attese o blocchi dovuti ai colli di bottiglia dell’impianto. Lo scheduling deve così gestire un sistema complesso e dovendo fornire output in tempo reale, diventa l’elemento critico del modello di produzione flexible job-shop perché un’infinità numerabile di sequenze di operazioni elementari da fare su tutti i pezzi di un batch produttivo, ciascuna con un certo grado di ridondanza, con un proprio moti lavoro / alimentazione e con le specifiche sequenze di elementi modulari di afferraggio, deve essere valutata per rendere ottimizzato e competitivo il sistema. Questa fase diventa essa stessa fonte di inefficienza che introduce ritardi nella realizzazione del piano di produzione e costi aggiuntivi. La tecnologia necessita inoltre di grandi librerie tecnologiche delle operazioni, con una moltitudine di varianti per ciascuna di esse. Per ovviare a questo, la ricerca in questo settore si sta orientando sull’uso di strumenti che valutano implicitamente grandi quantità di sequenze di scheduling che ritengono inefficienti e si soffermano solo su alcune soluzioni promettenti. Le architetture software più interessanti sono gli algoritmi genetici (Genetic/Evolutionary Algorithms, GA) e le colonie artificiali di insetti (Ant/Bee Colony Optimization, ACO). In ultima analisi, lo scheduling lavora su sequenze (di pezzi sulle macchine) nello stesso modo in cui su sequenze di DNA è basata l’evoluzione della specie o su un percorso tra il nido e il cibo di una colonia di formiche.
Le teorie e i principi sviluppati in ambito universitario in merito a uno scheduling ottimizzato di linee di produzione fino a che punto riescono a essere tradotte in implementazioni pratiche nell’industria? Vi sono esempi emblematici di collaborazione finalizzata, tra la sua università e l’ambito industriale?
Il problema principale riguarda l’elemento organizzativo consolidato che viene messo in discussione solo di fronte a una sostanziale evoluzione tecnologica. In sistemi che non presentano tale evoluzione, si continua ad andare avanti con gli strumenti che già erano presenti. Di fronte invece a un investimento competitivo sono accolti favorevolmente questi concetti e una ristrutturazione dell’impianto a seguito, per esempio, di un periodo di crisi, aiuta l’emergere di nuove figure professionali. L’elemento principale che guida un impianto flessibile di produzione a essere supportato da un sistema di scheduling ottimizzato è proprio il capitale umano costituito dai nostri laureati nel momento in cui diventano figure di responsabilità dell’industria. Collaborazioni fruttuose nell’ultimo biennio si sono avute con la Husqvarna, produttore di motoveicoli innovativi e da enduro, con una nota firma del settore moda Made in Italy e nel settore ospedaliero con la ASL 5 della Regione Toscana, dove sono stati introdotti tools avanzati di batch-scheduling e gestione della stazione automatizzata di sterilizzazione adibita al riuso dell’intera filiera dei ferri chirurgici utilizzati in sala operatoria.