É in corso il vertice COP21, nel quale i principali Paesi industriali stanno cercando una soluzione ai drammatici effetti dei cambiamenti climatici. Cambiamenti dettati, secondo gli studiosi, dai gas a effetto serra (Ghg), con la CO2 che ha raggiunto la media di 397,7 ppm, con una crescita di 2 punti all'anno.
Considerando che, secondo i climatologi, il limite da non superare è fissato a 400 ppm, siamo molto vicini alla soglia critica. E, in particolare, un aumento medio delle temperature previsto di 3 °C comporterà, da qui al 2050, un costo di 790 miliardi di dollari per i Paesi in via di sviluppo.
La necessità di ridurre le emissioni è quindi prioritaria e l'Italia, soprattutto in ambito industriale ha fatto molto. Negli ultimi 23 anni, le emissioni di gas serra nazionali hanno registrato un calo del 16%, che equivalgono a un 'risparmio' di 84 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Inoltre, secondo i dati preliminari Ispra, lo scorso anno si è registrata una flessione di ulteriori 20 milioni di tonnellate.
Un simile risultato, però, non è frutto solo della buona volontà, ma influenzato dalla crisi che, dal 2008, ha contribuito al calo dei consumi energetici e delle produzioni industriali. Lo stesso Ispra, però, sottolinea come un ruolo importante sia riferibile anche alla crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili e all'incremento dell'efficienza energetica.
Non possiamo però trascurare il fatto che la metà delle emissioni di gas che alterano il clima provengono dai settori della produzione di energia e dei trasporti. In quest'ultimo, rispetto al 1990, le emissioni sono aumentate dello 0,2% a causa dell'incremento della mobilità di merci e passeggeri. Nello stesso arco di tempo, secondo Ispra, le emissioni delle industrie energetiche sono diminuite del 21,9%, grazie al maggior impiego di gas naturale e fonti rinnovabili.
Infine sono in calo anche le emissioni direttamente connesse all'ambito dei processi industriali (-24,1%).
