La nostra finestra sull'industria energetica è spesso diventata in questi mesi un interessante punto di osservazione dal quale, scrutando il panorama imprenditoriale italiano, ci è capitato di sorprendere realtà tecnologiche e commerciali eccellenti. È uno di questi fari che ha attratto la nostra navigazione estiva, conducendoci nelle acque ancora inesplorate del settore eolico.
Ben due studi sono stati recentemente pubblicati sullo stato dell'industria eolica in Italia e a questi faremo riferimento per ricostruire un quadro della situazione. Il primo è il report pubblicato in agosto da Gse, Gestore dei Servizi Elettrici, che opera per la promozione dello sviluppo sostenibile, dal titolo 'L'Eolico. Dati Statistici al 31 dicembre 2008', il quale chiarisce la distribuzione regionale della produzione di energia eolica, riconoscendo a pieno titolo il primato delle regioni meridionali: Puglia, innanzitutto, e poi Sicilia e Campania, che balza però al primo posto se i Megawatt prodotti sono considerati in rapporto alla superficie del territorio. Nel 2008 la potenza eolica italiana ha rappresentato il 5,5% della potenza installata in Europa e il 3% di quella mondiale. La crescita complessiva 2004-2008 è stata del 314% in Italia, del 186% nell'Unione Europea e del 254% nel mondo. Nell'Europa dei quindici, i Paesi che hanno prodotto maggiore potenza eolica installata sono stati Spagna e Germania con il 64% del totale. Iberici e tedeschi sono anche quelli che hanno maggiormente investito nell'eolico nel corso del 2008. L'Italia è stata superata da Gran Bretagna e Francia attestandosi al quinto posto. Quanti e chi sono nel nostro Paese, dunque, i soggetti coinvolti nella filiera dell'eolico? Desumiamo dati utili a rispondere a questa domanda da un altro report pubblicato a maggio da Aper, l'Associazione dei Produttori di Energia Eolica. Lo studio individua i cinque operatori, guidati da International Power, che controllano più della metà del mercato, non dimenticando, però di sottolineare lo sviluppo di tanti altri medi e piccoli produttori che rendono il mercato sempre più concorrenziale. Per quanto riguarda la fornitura di aerogeneratori, si conferma nel 2008 il primato di Vestas, con quasi il 50% del mercato. Gli altri nomi sono Gamesa, Enercon, Repower e Ge. Il quadro tratteggiato da Aper conferma il trend di crescita già registrato per il settore con il raggiungimento della quota di 3.736,47 MW, potenza cui corrisponde una produzione elettrica di 6 TWh, all'incirca il 2% del consumo interno lordo nazionale. Ciononostante è giudizio generale che si potrebbe fare molto di più. Negli ultimi cinque anni le potenzialità di sviluppo del settore non sarebbero state sfruttate a pieno innanzitutto a causa del ritardo nell'adozione delle Linee Guida nazionali per l'autorizzazione di impianti a fonte rinnovabile previste dal Dlgs 387/2003. Tale lacuna nell'iter autorizzativo è stata colmata da differenti discipline regionali e provinciali che hanno però generato 'disomogeneità e confusione'. Ne sono un esempio i vincoli restrittivi imposti nel Molise e le norme protezionistiche adottate dalla Calabria, che hanno di fatto paralizzato il mercato locale e inibito gli investimenti. Di pochi mesi fa, infine, i fatti di cronaca relativi alle ingerenze mafiose sul business dell'eolico scoperte dalla magistratura in Sicilia e, per completare il quadro degli ostacoli che si presentano allo sviluppo del settore, il polverone sollevato in primavera da alcune associazioni ambientaliste che lamentavano l'antiestetismo degli impianti eolici.
Una strada tortuosa dunque quella percorsa dagli imprenditori e dagli amministratori che hanno puntato sull'eolico, in fondo alla quale appare la meta del 2020, anno in cui in base alla famosa 'Direttiva 20-20-20' gli Stati Europei dovranno raggiungere la quota del 20% di energia primaria prodotta da fonti rinnovabili (che per l'Italia si declina al 17%), cui l'eolico si spera possa dare il suo sostanziale contributo: per il mercato è adrenalina pura. Come anche gli studi entusiastici provenienti, ad esempio, dalla nuova America Obama-style. Quanto ci sarà di realisticamente 'sostenibile' nel modello sviluppato da Michael McElroy, docente della Harvard University di Boston, secondo il quale basterebbe una rete di turbine da 2,5 MW di potenza, posizionate sul territorio statunitense in modo da non danneggiare l'ambiente (ovvero nei territori non forestali, dove non ci sono ghiacciai e in aree non urbane), che operino ad appena il 20% della loro capacità, per produrre un quantitativo di energia pari a oltre 40 volte il consumo globale corrente di elettricità? Non si sa con esattezza, ma con questa notizia i giornali hanno riempito pagine e pagine delle sonnacchiose edizioni ferragostane, e parecchi sotto l'ombrellone avranno anche esultato all'idea di questo infinito tappeto di pale roteanti, pronte a produrre al di là dell'oceano tutta l'energia elettrica che ci serve, per poi magari regalarcela senza interessi…
Giganti tecnologici
Forse è giusto recuperare un po' di senso della realtà, ora che si va verso la stagione più fresca e si riprende il 'corroborante' tran tran quotidiano. Tentiamo dunque di attribuire all'energia eolica il suo vero valore, che aumenta in proporzione allo sviluppo tecnologico ad essa applicato.
Alla fine di settembre a Roma, nell'ambito della quinta edizione di Zeroemission Rome, Eolica Expo Mediterranean 2009, si sono tenuti una serie di convegni che da una parte hanno messo in evidenza le questioni amministrativo/burocratiche relative allo sviluppo dell'industria eolica nel nostro Paese, con particolare attenzione al quadro normativo e al potenziale occupazionale, dall'altra hanno fatto il punto sulle tecnologie sviluppate e già applicate nel settore e su quanto si sta facendo a livello di ricerca. L'innovazione tecnologica è un fattore determinante in un'industria ancora poco competitiva a livello di costi, rispetto alle fonti energetiche tradizionali, sia nell'ottica di un aggiornamento degli impianti, sia allo scopo di ottimizzare i processi di fabbricazione.
Negli anni Ottanta le turbine raggiungevano appena i 15 m d'altezza. È notizia recente che in Inghilterra, nel New and Renewable Energy Centre (NaRec), un centro di ricerca all'avanguardia in cui sono testati i prototipi delle nuove pale destinate alle installazioni in mare aperto (la nuova frontiera, insieme alle installazioni in alta quota), arriverà presto un nuovo modello statunitense alto 75 m. L'Unione Europea sta finanziando le ricerche su un prototipo da 130 m e 20 MW. Mantenendo questo trend, qualcuno ipotizza il raggiungimento dei 250 m d'altezza entro il 2020.
C'è chi fa i fatti…
Ora, sia per i piccoli impianti, sia per le più alte torri oggi istallate in tutto il mondo, per orientare le pale del propulsore in modo da garantire la massima energia al generatore, le turbine eoliche necessitano di 4-6 set di ralle e ogni set è composto da due anelli che formano un cuscinetto: tutti questi anelli sono temprati ad induzione con impianti che utilizzano diverse soluzioni progettuali.
Poche aziende al mondo hanno sviluppato il know-how necessario alla realizzazione di sistemi per il riscaldo ad induzione applicabili all'industria eolica: una di queste è Saet Group.
Fondata nel 1966 da Pietro Canavesio, Saet è una società torinese cresciuta con l'industria automobilistica, che negli ultimi anni si è rivolta al mercato dell'eolico, conquistandolo. Davide Canavesio, attuale amministratore delegato, la definisce una 'pocket Multinational' che dà lavoro a 310 persone, con un fatturato di 44 milioni di euro, per l'80% estero e per il 70% legato al mercato eolico: le sue macchine per la tempra a induzione sono state acquistate dai maggiori produttori di ralle in Europa (Italia, Francia, Germania, Slovacchia, Romania), Stati Uniti, India, Cina, Corea. Attraverso un notevole impegno in R&D (Inova Lab è una spin-off dell'Università di Padova, di proprietà di Saet, dove un gruppo di ricercatori lavora nel campo della simulazione elettromagnetica e termica al fine di individuare la forma più idonea delle attrezzature e i parametri di trattamento) e grazie alla collaborazione con i costruttori di anelli, Saet ha sviluppato una soluzione di tempra innovativa, senza giunzioni, che garantisce un profilo di tempra continuo intorno all'anello. Ne consegue una migliore produttività, circa doppia di quella realizzata con impianti standard, mantenendo comunque un'idonea trasformazione metallurgica della struttura del materiale.
Saet ha sviluppato diversi tipi di impianti per la tempra di piste/denti (secondo la dimensione del pezzo, il peso, la produttività richiesta, il posizionamento dello stesso, ad esempio orizzontale/inclinato ecc.). Le tecnologie utilizzate prevedono sia trattamenti cosiddetti in progressivo (traslazione relativa induttore pezzo con riscaldo e raffreddamento in successione delle differenti sezioni dell'elemento da trattare) sia in single shot (riscaldo contemporaneo di tutta la zona in trattamento e successivo raffreddamento). Quest'ultima soluzione si è rivelata estremamente efficace in termini di processo e di produttività ottenibile, specie nella tempra delle dentature (di solito per le ralle dell'eolico il numero è superiore a 100) e relativamente a tempi e costi di produzione. Con il trattamento in single shot normalmente la produttività è circa 10 volte superiore. Oggi Saet è in grado di produrre impianti di tempra in single shot per ralle con diametro delle dentature sino a 2,5 m.
Tutti gli impianti Saet per le ralle/ingranaggi sono inoltre gestiti da cnc. Software specifici garantiscono alta precisione e alta ripetitività nel posizionamento dell'induttore (anche in presenza di distorsione del pezzo durante il trattamento in progressivo). Un altro software evoluto fa in modo che l'operazione per la 'ricerca' del pezzo e per il posizionamento dell'induttore possa essere eseguita una sola volta durante il primo trattamento del primo pezzo e successivamente il posizionamento tra pezzo e induttore è garantito con precisioni di +/-0,05 mm. Infatti, rigidamente collegata all'utensile, una sonda sensorizzata nelle tre direzioni con trasduttori di posizione consente di mantenere una posizione costante nei limiti sopra descritti tra il pezzo (pista, dentatura) e l'induttore. Poiché l'operazione di ricerca e set up è realizzata una sola volta per lotto produttivo la capacità produttiva della macchina è decisamente superiore a quella realizzabile con altri impianti non così tecnologicamente avanzati.
In conclusione, come spiega Davide Canavesio, fare energia pulita vuol dire anche questo: lavorare perché tutto il processo industriale che conduce alla realizzazione degli impianti sia 'ecocompatibile'.
La tecnica del riscaldo ad induzione rispetto ai procedimenti alternativi, ad esempio, del 'bagno ad olio' che produce tonnellate di olio da smaltire, limita l'emissione di scorie a pochi litri di liquido di tempra e accelera significativamente l'intero processo, riducendo il consumo energetico e contendo i costi, che tanta importanza rivestono nel lento cammino che l'energia eolica sta compiendo verso la definitiva affermazione.