Cosa vuol dire essere etici oggi? Che approccio, che visione, che scelte comporta? È una scelta etica favorire le dieci soft skill indicate dal World Business Forum? Un esperto di questi temi, insieme con i colleghi della Liuc Business School, accompagna imprenditori e manager alla scoperta di questa componente valoriale già in azione in diverse imprese italiane. Si inizia il 9 maggio a Milano ai Frigoriferi Milanesi.
È possibile un business etico? E cosa significa in un mondo globale fatto di relazioni, interconnessioni e Open Innovation? È convinto sia possibile Massimo Folador, docente di Business Ethics alla Liuc Business School di Castellanza, che porta avanti la sua teoria del bene comune, avallata dalla testimonianza di tante piccole storie d’impresa raccolte nel libro “Storie di ordinaria economia. L’organizzazione (quasi) perfetta nel racconto dei protagonisti” (GueriniNext 2017).
Da due anni alcune di queste sono le tappe di un percorso formativo per imprenditori e manager, interessati a vedere in diretta le realtà che hanno sviluppato business sostenibili. La seconda edizione parte il 9 maggio, presso i Frigoriferi Milanesi di Milano, per poi transitare da Castiglione Olona il 27 giugno, nel più antico distretto dell’occhialeria, con Mazzucchelli, Nau e Carl Zeiss Vision Italia; arrivare il 24 ottobre nella Tenuta Montemagno nel Monferrato e finire il 5 dicembre nell’Istituto carcerario minorile Beccaria di Milano.
Come mai quest’anno “finite” anche in carcere?
Perché consideriamo il lavoro al centro della rivalutazione della persona, a patto che sia concepito come strumento di espressione e valorizzazione della persona, con progettazioni e azioni che la mettano davvero al centro. L’arrivo di Cosima Buccoliero, la neodirettrice con una lunga esperienza nell’istituto penitenziario di Bollate, dove attraverso il lavoro, il teatro e la formazione si favorisce realmente la riabilitazione delle persone, dà speranza in una realtà spesso agli onori della cronaca per disordini e rivolte per un malessere diffuso. Scommette sulla nuova risorsa, che continuerà a occuparsi anche di Bollate, l’amico Don Gino Rigoldi, il cappellano del Beccaria da sempre impegnato socialmente al reinserimento di questi giovani e anche alla prevenzione con molteplici iniziative sociali e culturali in quartieri difficili di Milano, come la Barona.
Che cos’hanno di etico e sostenibile le aziende che visiterete?
Ognuna ha un modello d’impresa che contempla una forte attenzione al bene comune: non si produce solo per il profitto o per sopravvivere, situazione sempre più diffusa ahimè, ma anche per avere un impatto sociale preciso, per il benessere delle persone in azienda e sul territorio, in definitiva per una creazione di valore più grande. I Frigoriferi Milanesi hanno, nel corso di oltre un secolo, seguito il file rouge della creatività a vantaggio della comunità. Mazzucchelli 1849 e Nau hanno fatto rivivere a Castiglione Olona in provincia di Varese la tradizione dell’occhialeria italiana, riportandovi il centro della produzione, con la componentistica in celluloide la prima e con il design degli occhiali i secondi. Al tempo stesso, tengono alla costruzione di un clima aziendale piacevole e collaborativo, grazie anche a servizi aggiuntivi per i dipendenti. Così in Nau, oltre alla palestra, agli spazi ricreativi e a un centro di formazione stabile, l’Ufficio del Personale non si chiama più “Risorse umane” ma “Persone” e, all’esterno, c’è un forte impegno sul fronte della prevenzione e del controllo della vista con promozioni e borse di studio per la ricerca. Infine sono stati introdotti sistemi produttivi per ridurre gli sprechi e i consumi e garantire un buon rapporto qualità-prezzo. La Tenuta Montemagno nel Monferrato, a sua volta, è un bell’esempio di family business che, mantenendo un modello d’impresa sostenibile, sta attraversando vari settori con interessanti diversificazioni, dall’elettronica all’ospitalità, dalla cantina vinicola all’equitazione.
Sono esempi d’ispirazione per altri imprenditori?
Sì, queste esperienze dimostrano che l’impresa è una realtà vitale che, in barba agli economisti classici, va ben oltre i confini dell’economia stessa per realizzare opere che, a volte, vanno ben oltre i desideri che le hanno ispirate.
Oggi più che mai si pone la questione etica della sostituzione delle persone da parte delle macchine, come venirne fuori?
Non possiamo pensare di fermare l’inarrestabile processo di digitalizzazione e robotizzazione in corso, che porta a aumento di produttività e quindi di redditività, che è il primo obiettivo delle aziende per restare sul mercato, insieme ai necessari investimenti in innovazione. Ed è anche la condizione necessaria per continuare a creare lavoro, anche con il fenomeno del reshoring, cioè del rientro in Italia della produzione grazie agli inferiori costi di manodopera dovuti all’automatizzazione di tante operazioni, come nel caso di Mazzucchelli, che sta riportando in Italia alcune produzioni dalla Cina.
Molte aziende raccontano che, crescendo grazie all’automazione e alla robotica, non riducono il personale, anzi in certi casi cresce. Ma sono gli stessi dipendenti che restano o sono altri con mansioni diverse?
È inevitabile che alcune funzioni vengano sostituite dalle macchine, a loro volta sempre più autonome e in grado di fare più cose in modo flessibile, “intelligente”, come si dice. Compito dell’impresa è allora occuparsi, insieme alla scuola, quello di formare Persone 4.0 per l’Industria 4.0, che non è solo un fenomeno tecnologico ma, al contrario, culturale, dove alle competenze tecniche andranno sempre più affiancate le soft skill, che sono incredibilmente “umane”. Ma è anche compito delle aziende investire in formazione continua per i propri dipendenti, in modo che siano riqualificabili e spostabili su altre, nuove mansioni quando necessario. La capacità di apprendere tutta la vita, di essere flessibili e resilienti fanno proprio parte di quella lista di soft skill stilate dal World Business Forum come necessarie per l’Industria 4.0 entro il 2020.
Problem solving in situazioni complesse, pensiero critico, creatività, gestione delle persone, sapersi coordinare, intelligenza emotiva, capacità di giudizio e decisionismo, orientamento al servizio, negoziazione, flessibilità. Non è un po’ chiedere l’impossibile?
Sono tutte capacità che sembrano davvero dei super poteri nelle mani di super eroi: creatività, problem solving, intelligenza emotiva e via dicendo, tutte competenze molto legate alla resilienza e alla relazione tra le persone, dimensioni nuove da creare tra le persone. Il vero problema, infatti, è trovare figure così ben preparate e allenate al nuovo modo di produrre e di lavorare insieme, un po’ dei superman confrontati con la disponibilità attuale di risorse.
Come far diventare questi supereroi la “normalità”?
L’impresa sta rivestendo un ruolo sempre più sociale, un po’ per necessità ma anche per lungimiranza, con il compito della formazione ad hoc di queste nuove figure professionali, creando scuole e academy interne e sostenendo istituzioni esterne, proprio per formare i nuovi profili ibridi, tecnici specializzati con la visione d’insieme, con forti capacità relazionali, che usino empatia, problem solving e di team working nelle loro attività quotidiane. È un po’ tutto da costruire, ma chi arriverà prima avrà un vantaggio competitivo sugli altri. Anche questa è etica del lavoro.