È iniziata giovedì 15 dicembre 2022, e terminerà domenica 18, la sessione di voto in Commissione Bilancio, per gli emendamenti alla Legge di Bilancio 2023, in attesa della presentazione in aula, martedì 20 dicembre 2022. Solo allora partirà la discussione finale, con l’analisi del testo emendato, proseguendo fino al 23 dicembre 2022 – data entro la quale la Camera dei Deputati dovrà dare il via libera alla versione definitiva. Tra il 27 e il 29 dicembre 2022, poi, il testo passerà all’approvazione del Senato.
Molto probabilmente, non ci saranno i tempi tecnici per ulteriori modifiche, a meno che non si decida di iniziare il 2023 con un esercizio provvisorio, condizione che non si verifica da tempo. Ciò, però, minerebbe la credibilità del Paese, con un calo di fiducia da parte degli investitori internazionali e delle istituzioni europee. I tempi sono quindi molto stretti e gli emendamenti alla Legge di Bilancio sono stati particolarmente “abbondanti”.
Erano inizialmente 3.204, presentati dai gruppi parlamentari, scesi poi a duemila: in Commissione Bilancio 1.003 sono stati dichiarati inammissibili – e per alcuni è stato presentato anche ricorso – mentre per 506 mancavano coperture economiche per poter essere presi in considerazione.
Al vaglio, al momento, ci sono invece 450 modifiche, considerate prioritarie, di cui 200 presentate dalla maggioranza e 250 dall’opposizione. Tra queste, ce ne sono alcune particolarmente interessanti, e si ritorna a parlare del Piano Transizione 4.0, seppur in maniera limitata.
Il Piano Transizione 4.0 nella Legge di Bilancio 2023
Come abbiamo avuto modo di appurare la scorsa settimana, nella bozza non definitiva della Legge di Bilancio mancava un pacchetto di misure specifiche finalizzate al potenziamento delle strategie 4.0.
Sono sicuramente previste diverse agevolazioni per le imprese, ma non ci sono riferimenti al Piano Nazionale Transizione 4.0 e, soprattutto, non ci sono novità in materia. Il silenzio in tal senso conferma quanto già stabilito in passato, ovvero la invariata suddivisione delle aliquote dal 2023 al 2025, come già stabilito.
Tuttavia, dopo settimane di discussioni, e grazie alla voce corale delle Associazioni di categoria, sembra che si possa sperare in un segnale di apertura, qualora vengano presi in considerazione alcuni emendamenti specifici, pervenuti il 14 dicembre 2022 alla Commissione Bilancio.
L’emendamento 73.07: attività di ricerca e sviluppo, design e ideazione estetica
L’emendamento 73.07 è particolarmente “aggressivo”, nel senso che chiede importanti modifiche, con il raddoppio di quasi tutte le aliquote per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, design e ideazione estetica.
Ricordiamo che tale credito d’imposta supporta la spesa privata sostenendo la competitività delle imprese e favorendone i processi di transizione digitale e nell’ambito dell’economia circolare e della sostenibilità ambientale.
Non potendo emendare un testo che non esiste, considerando che non ci sono menzioni alle aliquote nella attuale bozza, “Richetti et alii” (appartenenti al Calenda Team, quindi tra i fautori del Piano Transizione 4.0) fanno riferimento all’articolo 73 della Legge Finanziaria 2020, chiedendo un 73bis che preveda nuove innalzate aliquote:
- per attività di ricerca e sviluppo (max 5 milioni), 20%;
- per attività di ricerca e sviluppo (max 2 mln), 10%;
- per attività di design e ideazione estetica (max 2 mln), 10%;
- per attività di innovazione tecnologica che realizzi prodotti o processi di produzione, nuovi o migliorati, finalizzati al raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0 (max 4 mln di euro), 10%.
Beni strumentali e beni immateriali: il credito d’imposta
Lo stesso emendamento, poi, chiede modifiche anche per il credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi, ovvero quelli riportati nell’Allegato A della Legge 11 dicembre 2016, n. 232, con l’innalzamento delle aliquote fino al 31 dicembre 2025 (con coda fino al 30 giungo 2026) secondo il seguente schema:
- 50% per investimenti fino a 2,5 milioni;
- 30% per investimenti da 2,5 a 20 milioni;
- 15% per gli investimenti tra i 20 e i 100 milioni di euro.
Novità anche per gli investimenti in beni immateriali, riportati nell’Allegato B della medesima Legge del 2016, con la proposta di aumentare il massimale fino a 5 milioni, e il mantenimento della aliquota al 20%, fino al 31 dicembre 2025 (con coda al 30 giugno 2026).
Per gli investimenti in beni strumentali materiali diversi da quelli ricompresi nell’Allegato A, e per gli investimenti in beni strumentali immateriali diversi da quelli indicati nell’allegato B, si chiede invece di innalzare l’aliquota al 10% dall’attuale 6%, per un massimale fino a 2 milioni di euro nel primo caso, e fino a 1 milione nel secondo. Infine, è proposto il passaggio da tre a cinque quote annuali di compensazione.
L’emendamento 74.021 di Lovecchio et alii
Sul tema Transizione 4.0 arriva anche l’emendamento 74.021, con la richiesta di modificare le aliquote per gli investimenti in beni strumentali (Allegato A) realizzati da gennaio a dicembre 2023 (con coda a giugno 2024):
- per gli investimenti fino a 2,5 milioni, 30% (al 20% nel 2024);
- per gli investimenti tra 2,5 e 10 milioni, 20% (al 10% nel 2024);
- per gli investimenti tra 10 e 20 milioni, 5%.
Per il 2024, per gli investimenti tra i 2,5 e i 10 milioni di euro, inclusi nel PNRR, che realizzino obiettivi di transizione ecologica (tra i 10 e i 50 milioni), si chiede un credito d’imposta del 5%.
Per i beni immateriali, invece, l’emendamento prevede l’innalzamento dell’aliquota al 30% per il 2023, dall’attuale 20%, estendendo l’agevolazione anche agli investimenti in software gestionali.
Le altre due novità in tema Transizione 4.0
Lascia un po’ perplessi l’emendamento 51.047 che lega la fruizione degli aiuti destinati alle imprese, in ambito Transizione 4.0 (ma non solo), ai livelli occupazionali. In altre parole, solo mantenendo inalterati gli stessi (misurati all’atto della richiesta di fruizione, sino al termine del periodo previsto per l’accesso alle incentivazioni richieste) sarà possibile mantenere le agevolazioni. Le medesime condizioni varrebbero anche nell’ambito dell’internazionalizzazione.
Infine, una proposta - molto probabilmente accettata, considerando che proviene dalla maggioranza - chiede di prorogare il termine per la consegna dei beni ordinati entro il 31 dicembre 2022, dal 30 giugno 2023 al 21 dicembre 2023. In questo modo si potrà comunque fruire dell’imposta per investimenti in beni materiali 4.0, con le aliquote 2022 – e non si rischierà di perdere i benefici a causa dei ritardi nelle consegne.
Le misure (quasi certe) in favore delle imprese
Analizziamo poi le novità introdotte nell’ultima settimana, destinate sempre alle imprese. Anche nel 2023 sono previste misure a sostegno dell’imprenditoria del Mezzogiorno (e nel Mezzogiorno), e a sostegno di investimenti nelle aree cratere del sisma dell’Italia centrale, nelle Zone Economiche Speciali e nelle Zone Logistiche Semplificate.
In particolare, si parla di una proroga del credito d’imposta in favore delle imprese che acquistano beni strumentali nuovi, destinandoli alle strutture produttive ubicate nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Molise, Abruzzo, Sardegna e Sicilia. Si torna nuovamente a focalizzare l’attenzione anche sulle attività di ricerca e sviluppo, con la conferma del credito di imposta maggiorato, ma sempre limitatamente alle imprese residenti nel Mezzogiorno.
Le agevolazioni per la “Zona Franca Sisma Centro Italia” prevedono invece l’esenzione dal pagamento delle imposte di bollo e di registro per le istanze, i contratti e i documenti presentati dalle imprese alla PA, in relazione agli interventi di ricostruzione.
Potrebbe infine tornare anche il bonus fiere, per la partecipazione ad eventi internazionali, nel periodo gennaio/agosto 2023: lo strumento non è nuovo e in passato è stato particolarmente apprezzato dalle imprese.
Cosa ne pensa l’Europa, di tutto ciò?
Mentre a Roma c’è fermento per l’approvazione della Legge di Bilancio, anche a Bruxelles si lavora per l’Italia. La Commissione Europea ha infatti espresso parere positivo sul Documento programmatico di bilancio (DPB) presentato, che rispetta le raccomandazioni dell'UE.
Sebbene alcune misure non siano in linea con quanto richiesto, le ipotesi macroeconomiche su cui si fonda il DPB risultano “plausibili” sia per il 2022 che per il 2023. È stato particolarmente apprezzato il fatto che l’Italia abbia previsto misure di sostegno energetico soprattutto in favore di imprese e famiglie sovraesposte alla crisi economica.
Tuttavia il Bel Paese è stato però ripreso in relazione alle scelte di contrasto all’evasione fiscale, ai pagamenti digitali e alle pensioni. Poteva andare meglio ma, senza dubbio, poteva andare anche molto, ma molto, peggio. Per cui, accontentiamoci della (mini) lavata di capo e, soprattutto, puntiamo a una chiusura d’anno positiva tra Legge di Bilancio e obiettivi PNRR (e, a tal proposito, stay tuned!).