Abbiamo incontrato Giorgio Metta, direttore dell' iCub Facility all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), e con lui abbiamo avuto una panoramica sugli sviluppi della robotica umanoide.
Nell’ambito dell’IIT, Istituto Italiano di Tecnologia, operano diversi dipartimenti di robotica; può riassumerci la loro missione e anche sintetizzare alcuni recenti traguardi di eccellenza? In particolare, quale lo stato dell’arte del vostro robot androide iCub?
La robotica è un settore che in IIT vede la collaborazione di tre dipartimenti di robotica e due centri della rete (il Center for Space Human Robotics a Torino e il Center for Micro Bio Robotics a Pisa). Da alcuni annisono il direttore del dipartimento iCub Facility che si occupa di integrare la ricerca e le tecnologie di IIT nella piattaforma umanoide iCub. iCub è il robot “bambino” progettato per supportare studi che spaziano dall'apprendimento al controllo automatico, dalla cognizione all'intelligenza artificiale. iCub è quindi una “palestra” nella quale si possono cimentare ricercatori con interessi diversi, dove la collaborazione è aperta, infatti il progetto è open source. Il gruppo di ricercatori e ingegneri dell’iCub Facility copre tutto il ciclo di sviluppo di iCub dalla meccatronica all'intelligenza, ovvero l'hardware e il software dei nostri robot. Il nostro scopo ultimo è quello di costruire robot avanzati che possano imparare dai propri errori e migliorare le proprie prestazioni in maniera autonoma mostrando capacità di ragionamento e azione sempre più sofisticate. Queste macchine saranno in un futuro non troppo lontano d’aiuto nell’ambiente domestico per l’assistenza agli anziani o disabili, negli ambienti dove la presenza dell'uomo è costosa (produzione alimentare, ambienti contaminati, produzione di medicine o altri composti chimici) e per l’assistenza in caso di disastro.
L’innovazione tecnologica in senso lato apre sempre nuove frontiere, e a volte è interessante prendere atto di linee di sviluppo che sono state ritenute superate. Nel caso della robotica, quali trend tecnologici si sono rivelati non più adeguati sia sul fronte tecnologico che su quello delle esigenze dell’industria?
Questo succede spesso nello sviluppo tecnologico, anche se in realtà a volte si riscoprono cose che si pensavano fallimentari. Per esempio, l'aumento delle capacità di calcolo ha reso attuali tecniche che si ritenevano inadeguate per risolvere certi problemi. Ci sono oggi tecniche di apprendimento automatico che sono state rese possibili grazie alla capacità di risolvere problemi di ottimizzazione con decine di migliaia di variabili.Un esempio in senso opposto è invece il caso dell'intelligenza artificiale, quella tradizionale detta anche “GOFAI”, (Good Old-Fashioned AI) è stata sostituita dalla sua versione “incorporata” (embodied AI). Si è capito che è fondamentale per un robot utilizzare le azioni che egli compie, come fonte primaria di raccolta di dati dall’ambiente sui quali poi costruire l’apprendimento. In questo modo, il modello sul quale costruire il sistema di controllo è acquisito dal robot in maniera autonoma, senza essere più imposto dal progettista. Questo nuovo approccio consente di superare alcuni ostacoli che rendevano i sistemi GOFAI poco robusti e affidabili di fronte alle caratteristiche non sempre predicibili, e quindi incerte del mondo reale. Ovviamente le ricerche del passato non sono inutili. Le tecniche di AI sono utilizzate ovunque (basti pensare ai motori di ricerca su documenti testuali) e quelle di pianificazione sono ricomparse nel controllo autonomo di mezzi mobili, come per esempio l’auto automatica di Google.
Quali sono, secondo una prospettiva generale quindi non circoscritta al solo ambito della produzione industriale, i trend tecnologici che saranno maggiormente perseguiti per i sistemi robotizzati e su quali fronti la ricerca si sta maggiormente impegnando?
Negli ultimi 6-8 anni la Commissione Europea ha finanziato un programma di ricerca che ha coperto tutti gli aspetti legati alla realizzazione di sistemi a elevata autonomia. È ormai chiaro che la tecnologia legata al funzionamento autonomo dei robot sia quella che permetterà un salto di qualità nell'automazione industriale, nella robotica di servizio e infine in quella di consumo. Ci si aspetta che questo possa avvenire con ricadute importanti nella produzione industriale anche per le PMI. Robot sempre meno costosi con capacità di riprogrammazione “rapida” potrebbero diventare diffusissimi consentendo una flessibilità maggiore nella produzione custom su volumi molto piccoli. Come accennavo prima sarà necessario un percorso di sviluppo delle tecnologie che potrebbe passare inizialmente dalle applicazioni ad alto impatto sociale come l’assistenza agli anziani o la sostituzione dell’uomo in ambienti pericolosi (dove i costi elevati e la ricerca sono giustificati dal risultato potenziale). Tra le tecnologie necessarie a fare il salto di qualità troviamo quelle legate ai nuovi materiali per la robotica, attuatori e sensori di nuova generazione nonché gli aspetti energetici e quelli computazionali. Per ciascuno di questi si immagina che serva un progresso sostanziale per ottenere prestazioni almeno simili a quelle dell'uomo. Questo non vuol dire però che non possano essere create applicazioni in tempi brevi sfruttando in parte le tecnologie già consolidate nella robotica industriale o la meccatronica tradizionale.
Robotica e industria manifatturiera Guardando al mondo della robotica industriale quali sono a suo avviso le principali problematiche che attendono ancora di essere risolte o quantomeno semplificate, per favorire una migliore applicazione dei sistemi robotizzati in ambiente manifatturiero?
I robot industriali sono già efficienti a un ottimo livello quando la loro applicazione è quella del grosso impianto con produzione su volumi elevati (immaginiamo per esempio l’automobile). In questo caso, i movimenti possono essere programmati con precisione, simulati con software opportuni e infine implementati sull’impianto che lavorerà quindi a “ciclo continuo” per tutta la vita del prodotto in questione. Questo paradigma diventa meno sostenibile quando i volumi sono più piccoli e il prodotto cambia spesso. Questo è il caso tipico delle PMI dove è necessario abbassare i costi e aumentare contemporaneamente la flessibilità del robot (la sua riprogrammabilità veloce). Per risolvere questo tipo diverso di problema industriale sono necessarie dei robot con un’intelligenza maggiore, flessibilità nello svolgere diversi compiti e capacità di apprendere attraverso una dimostrazione dell’operatore (invece della programmazione attraverso calcolatore). Alcune cose si muovono in questa direzione: per esempio l’americana Rethink Robotics ha lanciato sul mercato un robot bimanuale di prezzo basso con software di apprendimento automatico.
In merito al rapporto tra robot e forza lavoro, si sente spesso affermare che un’automazione sempre più spinta, con maggior utilizzo di sistemi robotizzati, sarà fonte di crescente disoccupazione, ma c’è anche chi sostiene che una maggior diffusione dei robot porterà alla creazione di nuovi posti di lavoro. Quale la sua opinione al riguardo?
Le nuove tecnologie hanno introdotto nuovi lavori, sostituendo o affiancando quelli esistenti. Credo che la robotica potrebbe e dovrebbe fare lo stesso: togliere all’uomo i lavori ripetitivi e pericolosi per permettergli di dedicarsi a quelli più sicuri e di alto livello gestionale: supervisione, programmazione, ecc. Per l’Europa la robotica rappresenta una grossa opportunità di rilancio dell’economia, riuscendo a competere con i paesi asiatici e gli Stati Uniti. Il robot che immaginiamo è quello che lavora in cooperazione con l’essere umano, che impara da esso e quindi viene utilizzato all’interno dei cicli di produzione, sia per la costruzione dei robot stessi sia per prodotti industriali di alto livello e complessi.
Giorgio Metta
Giorgio Metta è direttore dell' iCub Facility all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), dove guida lo sviluppo del robot umanoide iCub. Laureatosi con lode in Ingegneria all’Università di Genova nel 1994, consegue il Dottorato in Ingegneria elettronica nella stessa Università nel 2000. Tra il 2001 e il 2002 lavora all'AI Lab del MIT di Boston come “postdoctoral associate”. Le sue attività di ricerca riguardano la robotica umanoide bioinspirata, con particolare attenzione verso lo studio e la realizzazione di sistemi artificiali dotati di capacità di apprendimento automatico. Svolge la sua attività scientifica con team interdisciplinari: neuroscienziati, psicologi, informatici e robotici. Autore di oltre 200 pubblicazioni, Metta è anche Professore di Robotica Cognitiva all’Università di Plymouth (UK) dal 2012, e Deputy Director con delega per i finanziamenti europei e internazionali all'IIT di Genova. Inoltre Metta è stato responsabile di numerosi progetti europei e consulente come esperto di robotica nell’ambito dei programmi della Commissione Europea.