Parlando di innovazione digitale, la maggioranza delle Pmi dichiara di investire intensamente in tecnologie digitali. Lo fa sia in aree specifiche (27%), sia trasversalmente a tutte le aree aziendali (38%). Una su tre ha anche aumentato gli investimenti diretti, a fronte di una riduzione solo per il 4%.
Tuttavia, le pmi investono ancora soprattutto nelle soluzioni di base per la sicurezza informatica e nei software per la gestione amministrativa. A seguire, si dotano di pc portatili per il lavoro agile, di piattaforme e App di collaborazione, scoperte negli anni del Covid. In fabbrica, inseriscono sistemi di gestione dei flussi produttivi/macchinari. Ma, se si guarda alle tecnologie più evolute (Big Data & Data Analytics, Artificial intelligence, V/R e A/R), solo il 15% delle Pmi le ha già introdotte.
Infine, c’è un 35% di Pmi che non ha ancora affrontato la trasformazione digitale. Questa fetta si divide tra chi la ritiene marginale nel settore in cui opera (21%), chi non ne comprende i benefici (8%) e chi ritiene i costi eccessivi (6%). Questi i principali risultati dell’ultimo Osservatorio Innovazione Digitale nelle Pmi della School of Management del Politecnico di Milano.
La posizione diversificata delle Pmi verso le sfide poste dall’evoluzione tecnologica è pressoché confermata dai dati dell’Osservatorio sulle prospettive delle PMI in Italia di Deloitte Private. Il 71% delle aziende riconosce alla digitalizzazione la funzione di aumentare la competitività e di aprire nuove opportunità di business. Quindi oltre la metà degli intervistati (56%) si dichiara impegnato a ripensare le proprie politiche di innovazione per garantire la transizione digitale nei prossimi 5 anni.
Ma quanto investono le pmi in formazione e nuove competenze?
Quasi una sua due le Pmi dichiarano di fare formazione continua per aggiornare i dipendenti sui nuovi strumenti e per diffondere una cultura digitale. Tuttavia, solo il 10% ha già assunto figure specializzate, come laureati STEM, dottori di ricerca o diplomati di alta formazione come tecnici superiori ITS.
Eppure, poi, per una su tre è proprio la mancanza di competenze digitali l’ostacolo principale alla digitalizzazione e all’impiego delle nuove tecnologie (34%). Tuttavia, ancora una volta, sono ridotte le collaborazioni con hub di innovazione pubblico-privati sul territorio (12%), come DIH e Competence Center, benché reputati “abbastanza agevoli”. Sono limitati anche i contatti con università, centri di ricerca (11%) e startup (6%).
In sostanza, le Pmi sembrano non sfruttare sufficientemente la forza degli ecosistemi di innovazione, che oggi hanno a disposizione anche le risorse del PNRR. Grazie a linee dimostrative di Industria 4.0, possono infatti contribuire ad allenare e diffondere una cultura della innovazione con progetti pilota e laboratori esperienziali.
Le principali fonti di collaborazione sono società di consulenza strategica (41%), fornitori e aziende della filiera (34%), studi professionali di fiducia (34%), come il commercialista e l’avvocato. Per il 26%, sono le associazioni di categorie/di filiera in ottica di rete.
«L’apporto dell’ecosistema è fondamentale. Tutte le parti in causa, dai fornitori tecnologici agli intermediari finanziari, dalle associazioni di categoria alle startup fino alla PA e ai professionisti devono aiutare le Pmi a navigare la complessità. Devono favorire l’innesco di processi di contaminazione, promuovere la diffusione di know-how specialistico e di una vera e propria cultura dell’innovazione», raccomanda Claudio Rorato, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle Pmi.
Le Pmi sfruttano le agevolazioni, ma ancora troppa burocrazia
Tra le altre cause della lenta digitalizzazione delle Pmi, vengono segnalate l’eccesso di burocrazia e la difficoltà di accesso ai finanziamenti pubblici (28%). Quindi l’incertezza nelle implicazioni e responsabilità (24%); la scarsa interoperabilità tra i sistemi (24%) e programmi pubblici non adeguati alle concrete necessità aziendali (16%). Infine, si registra ancora un problema di connettività (13%), come confermato dalla ricerca in corso con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM). L’Italia risulta ancora eterogenea per connettività, anche in territori storicamente a vocazione industriale. Il settore manifatturiero, nonostante il suo ruolo trainante, presenta significativi deficit di copertura di rete fissa, mentre il settore finanziario risulta il più avanzato.
Nonostante le difficoltà di accesso ai finanziamenti pubblici per la complessità delle procedure e per mancanza di informazioni, le Pmi italiane dimostrano una forte attenzione verso i programmi pubblici. Anche a seguito del succedersi di crisi importanti geopolitiche ed energetiche. I dati raccolti nel 2024 mostrano che il 65% ha usufruito di strumenti agevolativi soprattutto per l’acquisto di beni strumentali (65%); per lo sviluppo di competenze per la transizione digitale (36%) e per l’acquisto di beni immateriali (25%).
L’approccio ambivalente alla transizione green
Il 76% delle Pmi italiane riconosce la transizione verde come un obiettivo prioritario. Solo il 27% ha individuato però una figura di coordinamento, interna o esterna. Anche per quelle che definiscono la sostenibilità ambientale una priorità, il dato si ferma al 34%. Questa percentuale mostra uno scollamento tra le dichiarazioni di intenti e l’effettiva attuazione.
Le motivazioni dell’attenzione al green sono legate soprattutto al miglioramento della reputazione aziendale, all’incremento dell’efficienza operativa e alla necessità di rispondere a obblighi normativi e/o contrattuali con i propri clienti.
Il 57% impiega già strumenti digitali che consentono di perseguire obiettivi di sostenibilità ambientale, in una logica di “Twin Transition”. Ma il 65% ritiene che la transizione verde dovrebbe essere supportata da più programmi di finanza pubblica (incentivi, bandi e finanziamenti pubblici). Questi programmi renderebbero più veloce il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale.
«Affinché le Pmi possano compiere con successo il passaggio al nuovo paradigma abilitato dalla Twin transition è fondamentale, da una parte, continuare a investire nelle competenze degli addetti e del management. Dall’altra, poter contare su una infrastruttura di connettività adeguata alle proprie esigenze. E servono normative che offrano opportunità di investimento in modo chiaro e compatibile con l’operatività dell’impresa”, afferma Rorato.
Pmi Award: vincitori e menzioni speciali per l'innovazione digitale
A partire dalle candidature pervenute tra gennaio e maggio 2024, sono stati selezionati 19 progetti di innovazione, valutati da una giuria di ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Polimi. I criteri di valutazione sono stati: impatto sulle performance aziendali, impatto socio-ambientale, rilevanza strategica, innovatività, modalità di realizzazione del progetto e replicabilità.
Agrioil vince con il progetto “Frantoio 4.0”, che applica le tecnologie digitali alla produzione olearia. L’obiettivo è quello di coniugare tradizione e innovazione per migliorare la qualità del prodotto, la sostenibilità ambientale del processo produttivo e la trasparenza nella filiera.
Vince anche Volteco, che realizza rivestimenti edilizi impermeabilizzanti, con il progetto “Amphibia Digital Analysis”. Ha realizzato un impianto prototipo con tecnologie IoT e sensoristica, analisi dei dati raccolti e utilizzo di algoritmi di machine learning per governare il processo produttivo, ridurre gli scarti e arrivare alla manutenzione predittiva dell’impianto.
L’azienda C.B. Costruzioni Brescianini, specializzata in stampaggi a iniezione, riceve invece una menzione d’onore per il progetto “IDEAS - Integrated Data system for Enhanced Analytical Strategies”. Punta infatti all’automazione e all’efficientamento del processo produttivo, alla sistematizzazione dei dati raccolti e all’autonomia operativa.
Menzione d’onore anche al nastrificio Furlanis per il progetto “Furlanis Innovation”, dedicato alla digitalizzazione del processo produttivo e logistico.
E infine menzione d’onore a Varo per il progetto “Visori 3D per la manutenzione e la vendita di macchinari per la lavorazione del filo metallico”. L’azienda ha adottato tecnologie di V/R e A/R per la manutenzione a distanza e la prototipazione rapida sul campo dei macchinari.