Una su due è manifatturiera, hanno reagito alla pandemia con investimenti digitali in piattaforme e-commerce b2b e b2c e per consentire lo smart working, avevano performato meglio di Francia e Germania prima del Covid, ma soffrono per dimensioni, carenza di equity e mancanza di una leadership non familiare. Una su tre ha una struttura patrimoniale e finanziaria inadeguata ad affrontare la pandemia e il 25-30% potrebbe entrare in procedure concorsuali o liquidatorie nel prossimo decennio, senza ricapitalizzazioni con equity esterno. La fotografia dell’Osservatorio Aub
La XII edizione dell’Osservatorio Aub, promosso da Aidaf - Italian Family Business, Cattedra Aidaf-EY della Bocconi, UniCredit e Cordusio, con il supporto di Borsa Italiana, Fondazione Angelini e Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi, restituisce l’identikit economico- finanziario di tutte le aziende familiari italiane che hanno superato la soglia di fatturato di 20 milioni di euro: delle 17.984 aziende monitorate il 65,6% è a controllo familiare, con una o due famiglie: 11.808 in tutto. L’incidenza delle aziende familiari è aumentata del 5,6% rispetto alla precedente rilevazione dell’Osservatorio.
Imprese familiari: in Italia una su due è manifatturiera
L’analisi dei primi 1.000 gruppi in Francia, Germania, Italia e Spagna mostra somiglianze e differenze tra i diversi Paesi. Le imprese familiari continuano a rappresentare l’ossatura di Italia (43,7%), Germania (39,5%) e Spagna (35,4%), dal cui sviluppo dipenderà il futuro del sistema economico europeo.
In particolare, in Italia quasi una su due è manifatturiera (49%), più che in Germania (43%). Anche dallo sviluppo e innovazione della manifattura, quindi, dipenderà quello del sistema economico.
Le imprese familiari italiane hanno tre punti di forza rispetto a quelle degli altri Paesi:
- Sono cresciute più delle imprese familiari degli altri 3 Paesi in termini di ricavi (+86,4%, contro il 79,7% della Francia, il 78,9% della Spagna e il 69,5% della Germania);
- Sono le uniche dei 4 paesi ad aver superato nel 2019 la redditività operativa che avevano nel 2010, colmando il gap che le separava dalle aziende francesi e tedesche;
- Sono più solide delle non familiari (anche negli altri Paesi europei).
I dati economico-finanziari dell’ultimo decennio sembrano dunque mostrare come le imprese familiari (e quelle italiane in particolare) abbiano reagito bene alla crisi del 2009 e a quella del 2012, lavorando su crescita, redditività e solidità patrimoniale e finanziaria.
Quali sfide per l’Italia
- Aumentare le dimensioni aziendali
Le imprese italiane, anche le più grandi, sono più piccole di quelle tedesche e francesi. Quelle con fatturato superiore a un miliardo di euro sono 249 in Italia, contro le 608 in Germania e le 381 in Francia. Considerando il rapporto tra Pil tedesco e italiano, in Italia dovremmo avere circa 322 imprese (il 33% in più) con ricavi superiori a un miliardo di euro;
- Accelerare la crescita con più acquisizioni
Tra il 2000 e il 2019 il numero di imprese che hanno fatto acquisizioni è più o meno pari al 40% in tutti i Paesi, ma ogni impresa tedesca e francese ne ha acquisite oltre il doppio di quelle italiane (8,4 acquisizioni, contro una media italiana di 3,7);
- Aprirsi al mercato dei capitali
Un numero minore di imprese italiane è quotato (il 7,4% contro il 13,4% in Germania e il 17,3% in Francia), benché le imprese familiari quotate italiane siano l’11% contro il 4,6% delle non familiari;
- Riequilibrare il gender gap nei Cda e nei ruoli di leadership, ma questa sfida riguarda tutte le imprese europee.
- Aprire la leadership e i CdA a membri non familiari
In Italia il 73% del management è familiare, in Germania solo il 17% negli executive board e il 33% nei supervisory board;
- Ringiovanire e rinnovare la leadership
Siamo prossimi a un esteso ricambio generazionale, ma bisogna prepararsi. I leader ultra-settantenni raggiungono il 29% in Italia, mentre sono il 23% in Francia, il 22% in Spagna e solo il 7% in Germania.
«Dalla ricerca emergono, ancora con più forza, due cose: la grande importanza nella nostra economia nazionale delle imprese familiari e il bisogno di dotarle di una governance e management per un sano passaggio generazionale e all’altezza delle prossime sfide», dichiara Francesco Casoli, presidente di Aidaf - Italian Family Business.
Messe alle strette, le aziende familiari innovano
Un’analisi su 310 imprese italiane quotate alla Borsa di Milano (escluse banche e assicurazioni) - tra familiari e non familiari - mostra la buona capacità di reazione di fronte all’emergenza. Infatti, solo il 29% dichiarava di aver già utilizzato lo smart working come forma di lavoro prima dello scoppio della pandemia, eppure nel corso del 2020 la percentuale è salita all’87%.
In particolare le imprese familiari, che partivano da una diffusione ancora inferiore (25%), sono giunte all’85% nell’adozione del lavoro da remoto. Si conferma così che la forza delle imprese familiari italiane è nella loro capacità di reazione, anche se in termini di organizzazione del lavoro presentano qualche ritardo.
In pratica, dove sono costrette a innovare si adattano velocemente al contesto, grazie a catene di comando molto corte che consentono di decidere e realizzare cambiamenti in tempi rapidi. Anche nell’adozione di protocolli di sicurezza e piattaforme di e-commerce, si riscontra una forte similarità tra imprese familiari e non familiari.
Oltre 3 imprese su 4 hanno infatti sviluppato piani dedicati per garantire un ambiente di lavoro sicuro e protocolli da seguire in caso di positività al virus, includendo anche la possibilità, per i dipendenti e i loro familiari, di eseguire tamponi o test sierologici gratuiti. Allo stesso modo, circa il 43-44% delle imprese hanno adottato forme di e-commerce, sia b2b che b2c, durante il periodo di Lockdown o subito dopo per far fronte alle nuove necessità della domanda.
Struttura economica e finanziaria delle imprese familiari a inizio 2020
L’aggiornamento dei dati economico-finanziari della XII edizione dell’Osservatorio AUB mostra che le imprese familiari italiane si sono presentate all’inizio della pandemia con il seguente assetto:
- la redditività del capitale netto (ROE) e operativa (ROI) rimane elevata (11,6% il ROE e 8,8% il ROI), ma è inferiore a quella del 2017 (rispettivamente del 20% e del 9%);
- il rapporto Debt/Equity è pari a 3,3, in miglioramento del 33% rispetto al 2011 (quando era pari a 4,9);
- il rapporto PFN/EBITDA è pari a 4,8, in miglioramento del 16% rispetto al picco del 2012 (quando era pari a 5,7);
- Il rapporto PFN/EQUITY è pari a 1,4 con un miglioramento del 26% rispetto al 2011 (quando era pari a 1,9).
Secondo l’Osservatorio, isolando le imprese che con ogni probabilità si sono trovate “impreparate” dal punto di vista patrimoniale, finanziario e reddituale ad affrontare la crisi del 2020, si presume che una su tre non avesse all’inizio del 2020 una struttura patrimoniale, reddituale e finanziaria adeguata per affrontare la pandemia.
Per meglio verificare le condizioni nelle quali le aziende familiari sono giunte ad affrontare la pandemia Covid-19, si sono confrontati questi indicatori degli inizi del 2020 con i valori all’inizio del 2009. Secondo una analisi della X edizione dell’Osservatorio Aub, la crisi del 2008-2009 ha indotto il 17,5% delle aziende familiari italiane a entrare in procedure liquidatorie e concorsuali nell’arco del decennio 2008-2018.
Se si applicano le stesse proporzioni, tenendo conto della migliore situazione delle imprese all’inizio del 2020, ci si potrebbe attendere che il 13,5% delle aziende familiari italiane entri in procedure liquidatorie o concorsuali nell’arco del prossimo decennio.
Ma secondo l’Outlook IMF, la crisi del 2020 sta avendo un impatto doppio sul Pil italiano e internazionale rispetto a quella del 2008-2009. Se la ripresa dei prossimi anni non fosse migliore di quella del passato decennio, si può stimare che tra il 25% e il 30% delle imprese familiari italiane potrebbe entrare in procedure liquidatorie o concorsuali nell’arco del prossimo decennio.
«A parte la speranza che la ripresa, questa volta, sia più veloce, la nostra analisi mostra che l’unica via di uscita è un maggiore ricorso all’equity, accompagnato da un’apertura alla leadership esterna e a un suo auspicabile ringiovanimento», conclude Guido Corbetta, titolare della Cattedra Aidaf-EY di Strategia delle Aziende Familiari in memoria di Alberto Falck della Bocconi e curatore dell’Osservatorio con Fabio Quarato.
Il report completo è disponibile sul sito www.aidaf-ey.unibocconi.it.