“Il tema dell’economia circolare tocca tutti, dalle industrie ai cittadini, per questo deve essere centrale nella prospettiva economica e politica di Italia ed Europa”. Così Matteo Marini, presidente dell’Associazione Imq (nella foto), ha aperto il convengo “Circular - l’economia che fa sistema”, organizzato da Imq lo scorso 4 dicembre.
Il convegno ha affrontato la relazione tra imprese ed economia circolare, con riferimento al ruolo che potrebbe assumere proprio un’associazione quale Imq. “In questo quadro”, ha spiegato Marini, “Imq si pone come trampolino per trasformare l’economia lineare in economia circolare, poiché la nostra mission è tutelare sia aziende che consumatori e, in generale, diffondere una cultura di sicurezza, qualità e sostenibilità”.
Imq riunisce in un’unica entità i diversi attori coinvolti: dalle imprese alle istituzioni, agli enti di normazione tecnica, alla cultura e all’università, fino all’utente finale. Per questo può rappresentare la sintesi di un processo, di un sistema virtuoso, in cui, ad oggi, manca la fase di chiusura del cerchio, ovvero la certificazione, che permette di rendere trasparenti tutti i passaggi precedenti.
Italia Paese virtuoso, ma servono nuovi modelli
Tra i grandi Paesi europei, l'Italia è quello con la quota maggiore di recupero di materia prima nel sistema produttivo, con una quota pari al 18,5% . In dieci anni è riuscita a dimezzare il proprio consumo di materie prime (Fonte: Eurostat).
L'Italia è anche seconda per riciclo industriale, con 48,5 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi avviati a recupero (dopo la Germania con 59,2 milioni di tonnellate ma prima di Francia, 29,9 tonnellate; Regno Unito, 29,9 t e Spagna, 27 t). Un recupero che fa risparmiare energia primaria per oltre 17 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio all'anno, ed emissioni per circa 60 milioni di tonnellate di CO2 (Fonte: Studio “100 Italian circular economy stories” promosso da Enel e Fondazione Symbola).
“Occorre implementare e gestire nuovi modelli di produzione e consumo responsabile, ritrovando anche nell’innovazione una leva di crescita e sostenibilità”, ha affermato Maria Antonietta Portaluri, vicepresidente dell’Associazione Imq con delega alla Sostenibilità (nella foto seconda da sinistra). “La direzione in cui bisogna muoversi è evidentemente quella di un cambio di paradigma nel modello: occorre spingere la domanda verso produzione e consumo sostenibili e favorire anche in termini applicativi una valutazione dell’offerta più economicamente vantaggiosa intesa non come semplice prezzo, ma come costo complessivo. La Total Expenditure riguarda infatti tutto il ciclo di vita, dai costi di manutenzione alla performance energetica, attraverso prestazioni misurabili e certificabili che portino un vantaggio non solo ambientale, ma anche economico”.
Come si stanno muovendo le aziende
In questi anni le imprese hanno investito soprattutto nelle attività di marketing e commerciali (61%) e nelle attività di ricerca e sviluppo e rinnovo dei propri prodotti (48%). Il 52% dichiara che l’occupazione è aumentata grazie all’adozione di pratiche di economia circolare, l’assunzione di nuove figure professionali tecniche e l’aggiornamento delle risorse interne. L’economia circolare offre alle imprese ampi spazi di innovazione e competizione attraverso una gestione più efficiente delle risorse e l’adozione delle nuove tecnologie riconducibili nell’ambito dell’Industria 4.0.
“Per l’industria l’aspetto ambientale è ormai imprescindibile, ma dev’essere visto come un'opportunità piuttosto che un vincolo”, ha dichiarato Andrea Bianchi, direttore Area Politiche Industriali di Confindustria (nella foto a lato).
“L'Italia ha un comportamento virtuoso e performance superiori alla media europea in ambito di economia circolare, grazie alla sua storia manifatturiera di utilizzo intelligente delle materie prime, ma le sfide sono ancora significative, in particolare riguardo all’emergenza rifiuti. Come sistema confindustriale chiediamo un piano nazionale su tre punti principali: un abbattimento delle barriere normative con un nuovo assetto statale; un adeguamento impiantistico in ottica di circolarità; un utilizzo della domanda pubblica funzionale allo sviluppo di un mercato privato attraverso il riconoscimento dei prodotti, ad esempio tramite la certificazione, che porti ad un sistema di classificazione standard”.
Il ruolo della certificazione
La certificazione si attesterebbe come strumento di verifica della misura di circolarità sia sui processi industriali, sia sui prodotti. Necessari sarebbero anche standard oggettivi misurabili, in funzione di sicurezza e sostenibilità (quali le certificazioni di processi e di prodotti).
Il Gruppo Imq può affiancare l’industria nella certificazione della circolarità, perché un valore è tale se viene correttamente percepito, misurato e certificato.
Tra le soluzioni già offerte da Imq, l'Lca (Life Cycle Assessment), la Carbon e la Water Footprint, il supporto nell’applicazione della direttiva EcoDesign, ma anche strumenti come l’impronta ambientale dei prodotti (Pef) e delle organizzazioni (Oef).
Spunti di riflessione: l’Economia in funzione del benessere delle persone
L’intervento di Tim Jackson, economista e direttore del Cusp (nella foto a lato), ha lanciato molti spunti di riflessione che ruotano intorno al concetto della redistribuzione della ricchezza, indispensabile per la stabilità della società, anche dal punto di vista politico.
“Un elemento chiave del discorso sull’economia circolare è la differenza tra prosperità e crescita: è necessario cambiare l’architettura della nostra economia ripensandola a partire dalle sue stesse fondamenta”, ha sottolineato Jackson. “Il sistema odierno si basa su una privatizzazione dei guadagni e una socializzazione dei costi, che vengono pagati dall’ambiente, con una conseguente perdita del nostro ecosistema del futuro. La mia tesi è che già oggi abbiamo gli strumenti e le possibilità per costruire le fondamenta dell'economia del domani, un'economia che funzioni per tutti. Per prima cosa bisogna riformulare la nozione di impresa in termini di servizio, spostando l’attenzione dalla quantità all’efficienza e dunque alla qualità; in questo modo ogni elemento della società dev’essere ricalibrato secondo un nuovo vocabolario economico, in cui il lavoro diventi coinvolgimento sociale piuttosto che produttività, gli investimenti diventino commitment sul futuro invece che speculazione finanziaria”.
L’adozione di un nuovo modello economico ha trovato conferma anche nell’intervento di Paola Brambilla, delegato WWF Italia per la Lombardia, la quale ha sostenuto che benessere e salute sono una sfida globale e la risposta alla complessità dei problemi ad essi connessi deve essere culturale, attraverso l’introduzione di standard a tutti i livelli, dall’istituzione all’impresa, fino al consumatore finale.