Con le nuove tecnologie nascono nuovi profili digitali, che comprendono un mix di competenze tecniche e comportamentali, tra cui problem solving, team working, creatività e innovazione. In questo scenario la formazione sarà sempre più continua e personalizzata secondo una logica di open innovation. Per accompagnare questo cambiamento culturale nasce l’HR Club di Talent Garden, di cui abbiamo intervistato il direttore della Innovation School, Alessandro Rimassa.
In occasione di EduOn, la giornata dedicata ai modelli e contenuti formativi dell’era digitale, Talent Garden lancia l’HR Club, il network di professionisti delle risorse umane che sempre più saranno al centro del processo di trasformazione in atto nelle aziende.
"Siamo convinti che il vero cambiamento passerà dalle risorse umane e dalla consapevolezza dell’impatto del digitale sui modelli di business, sull’organizzazione e sul modo di lavorare, mentre si tende ancora a confinare la digitalizzazione ai processi aziendali", commenta Alessandro Rimassa, direttore e cofondatore della Innovation School di Talent Garden (in foto).
Da una recente ricerca su 600 manager, realizzata in collaborazione con Bearing Point e TalentSoft ("La digital transformation nella gestione delle risorse umane"), risulta infatti che solo il 42% dei manager lega il digitale all’innovazione dei modelli di business e solo il 40% al cambiamento nel modo di lavorare.
HR al centro del cambiamento
Proprio per questi ritardi culturali rispetto agli effetti più pervasivi che la rivoluzione digitale avrà sul modo stesso di fare impresa, Talent Garden si rivolge ai responsabili HR perché prendano confidenza con le nuove competenze e funzioni digitali, si confrontino tra loro, sperimentino e condividano tentativi, errori e best practice e favoriscano la digitalizzazione diffusa in azienda, partendo loro stessi da un nuovo mindset e da un reskilling, come suggerito dal 62% del campione.
Talent Garden nasce a Brescia nel 2011 come spazio di co-working e aggregazione di startapper, consulenti e professionisti dell’innovazione. Oggi è presente in 23 hub europei e sbarcherà in autunno a Vienna, Dublino a Copenaghen grazie alla collaborazione con importanti partner locali, mentre l’anno prossimo approderà nella Silicon Valley grazie al supporto di Cassa Depositi e Prestiti.
La scuola dell’innovazione è nata nel 2015 e si pone essa stessa come luogo di sperimentazione e contaminazione tra sapere, saper fare e apprendimento continuo, con un modello didattico che si basa su contenuti, sperimentazione ed esperienza secondo moduli brevi, ma ricorrenti.
"Il nostro modello prevede corsi e master brevi perché non si può rubare troppo tempo, tutto in una volta, alle attività produttive, visto che tra l’altro la formazione dovrà davvero diventare continua per la velocità d’innovazione tecnologica, che costringe a disimparare e imparare di continuo e a navigare dentro problemi inediti e complessi", prefigura Rimassa.
Digital skill, un mix di conoscenze tecniche e capacità comportamentali
Secondo uno studio di McKinsey, tra una decina di anni il 65% dei giovani di oggi svolgerà attività che oggi non esistono ancora, quindi la vera meta-competenza sarà quella di “imparare ad apprendere”, avere il metodo e gli strumenti dell’apprendimento continuo, un atteggiamento agile, adattativo e flessibile che lasci andare nozioni e comportamenti quando non più funzionali. Così, studi internazionali come quello del World Economic Forum, confermati anche dalla ricerca di Talent Garden, evidenziano come le digital skill tanto richieste non siano solo di tipo tecnico-verticali, ma anche comportamentali e relazionali.
"Il nostro focus non è sull’acquisizione delle nuove tecnologie fine a se stesse, per formare nuove figure professionali esclusivamente tecniche, come i Digital analyst, i Digital marketing manager e gli User experience designer. O meglio, li formiamo ma con un approccio integrato rispetto ai diversi processi aziendali e al modello di business relativo. Poiché le macchine saranno sempre più connesse tra loro, si parleranno, si auto-correggeranno e restituiranno in grandi quantità dati disorganizzati da leggere e interpretare, gli stessi tecnici digitali dovranno avere una visione d’insieme dei processi aziendali, saper risolvere problemi inediti e complessi, interpretare i dati e prendere decisioni sulle macchine. Proprio la capacità di analizzare, creare e innovare farà la differenza in un mondo dominato da macchine e fabbriche intelligenti", aggiunge Rimassa.
Da education a learning, la formazione mette il soggetto al centro
Le nuove tecnologie abilitano anche nuove modalità di apprendimento, sempre meno frontali e imposte dall’alto (tipiche dell’education) e sempre più “guidate” dal soggetto stesso che sceglie, indirizza e modifica il proprio percorso di apprendimento (learning), grazie a fonti e canali diversi e secondo una logica che va in direzione dell’open innovation. Gli stessi contenuti diventano un mix di conoscenze, esperienze e testimonianze ispirazionali e i format più partecipativi ed esperienziali, proprio per allenare e consolidare nuovi comportamenti e un nuovo modo di affrontare i problemi.
"Per noi di Talent Garden il supporto del digitale non significa ridurre o annullare i momenti d’aula e nemmeno che la personalizzazione dell’esperienza formativa sia solo legata alla disponibilità di tecnologie abilitanti. In primo luogo l’aula continua a essere cruciale proprio per sviluppare soft skill, imparare tra pari, condividere esperienze, lavorare sui casi e sviluppare project work accompagnati da facilitatori, professionisti prestati alla docenza o nostri docenti interni.
In ogni caso le nostre sono aule rovesciate, le cosiddette 'flipped room', dove i contenuti nozionistici si apprendono prima online autonomamente, mentre l’incontro rappresenta il momento a valore aggiunto. Quanto alla personalizzazione, sono proprio i contenuti del mondo digitale e i suoi effetti sul business a richiedere un atteggiamento più attivo e responsabile da parte del soggetto che è chiamato di continuo a mettersi in gioco nell’affrontare problemi complessi, nel trovare soluzioni creative, nel lavorare in gruppo e nel gestire in modo agile il cambiamento continuo", conclude Rimassa.