Con questo primo editoriale del 2013 informiamo che siamo entrati nel 2013, malgrado le fosche previsioni che ci davano per spacciati alla fine del 2012. Questo è già un buon passo avanti. Potremmo poi cercare di prevedere cosa succederà in questo nuovo anno. Stando a un approccio riduttivo ma convincente, se siamo scampati alla previsione dei Maya siamo ufficialmente dei sopravvissuti, e per chi appartiene a questa categoria l’ottimismo è d’obbligo, le negatività e le sofferenze sono meglio accettate, e arriva non si sa da dove una voglia di ricominciare: quindi il 2013 non potrà che essere migliore del passato anno, almeno all’inizio. Le previsioni a lungo termine non sono certo il nostro mestiere, preferiamo lasciarle a tuttologi, sciamani, indovini e ciarlatani che di tanto in tanto possono suscitare false speranze ma anche consolazioni autentiche, il che è sempre utile.
Qualcosa però possiamo dire limitandoci al contesto in cui operiamo. Il periodo difficile da cui veniamo, e quello altrettanto difficile in cui inevitabilmente stiamo rientrando seppur forse con un diverso spirito da sopravvissuti, lascia ipotizzare quantomeno che si sia alla fine dell’era della cosiddetta obsolescenza pianificata, con le aziende che creano prodotti con una vita breve, oggetti attraenti progettati per diventare presto obsoleti, in pratica per autodistruggersi, in modo che se ne possano comprare altri nel giro di pochi mesi o anni: le riserve economiche scarseggiano e la priorità sarà l’upgrading e la manutenibilità nel tempo. Una buona notizia per il mondo dell’automazione: autorevoli ricerche di mercato affermano che mentre si assiste a un calo in alcuni casi drammatico in molti segmenti tecnologici, sembra si verifichi una forte crescita in tutto ciò che può essere incluso nell’ampia categoria del factory automation equipment. Tale evidenza deriva dalle mosse di importanti player del settore, che stanno massicciamente investendo in nuovi prodotti e nuovi siti produttivi. Il driver principale dietro a queste mosse porta però a una contraddizione imbarazzate, trattandosi del costo della forza lavoro: automatizzando, si migliorano gli usuali parametri del caso (qualità, produttività, affidabilità e quant’altro), ma soprattutto si riducono gli addetti. E questo sembra sia particolarmente vero parlando di Cina, India e altri paesi emergenti, dove a quanto pare il costo del lavoro “unskilled” pari a zero non sarà più la regola, da cui l’aprirsi di ricchi mercati. Ma c’è anche chi guarda a economie più vicino, per esempio la Turchia, dove il forte sviluppo industriale richiama un flusso consistente di sistemi per automazione di fabbrica. Resta da vedere cosa potranno fare le forze lavoro non più necessarie: Giardinaggio? Cura degli anziani? Guardiania di location di lusso? In effetti le alternative non mancano. Ma di una cosa, come prospettive 2013, possiamo essere certi: l’eliminazione della privacy. Certo è un’affermazione forte, ma l’evidenza è ovunque, con uno sviluppo tecnologico cui è impossibile, quindi inutile, tentare di resistere. Un esempio? Google ha presentato Project Glass, una sorta di occhiali computerizzati, in grado di visualizzare messaggi da internet, immagini, mappe. Il che può essere buona cosa, ma questi occhiali hanno anche una “built-in camera” che consente di catturare quello che si vede. Ora, se l’uso di una macchina fotografica o della camera di uno smartphone è evidente per il soggetto ripreso che può manifestare assenso, lo stesso non è con Project Glass, in cui basta essere guardato, con perdita di privacy. Si dirà che è una sciocchezza, una moda passeggera, ma quante “sciocchezze” tecnologiche si sono poi invasivamente consolidate?
Aldo Cavalcoli