È un sogno di molti realizzare un prodotto digitale, in tempi rapidi, portando valore agli utenti e risultati significativi al business. Molto dipende dalla metodologia applicata. Nel design thinking sono previste tre fasi, a ciascuna sono associati processi e risultati definiti, validati nel tempo e personalizzabili:
- Esplorazione: ricerca sulle motivazioni all’uso e i bisogni degli utenti, analisi del contesto
- Design: progettazione blueprint del servizio digitale, architettura delle informazioni e mappatura dei flussi
- Realizzazione: produzione dei mockup di interfaccia digitale che saranno propedeutici alla successiva fase di sviluppo.
Seguire una metodologia basata sul design thinking e spesso portata da un soggetto esterno all’azienda, ad esempio un fornitore potrebbe complicarne l’adozione perché prevede in primis una trasformazione interna all’azienda.
Per questo è necessario analizzare la metodologia rispetto all’influenza che può esercitare su cinque obiettivi chiari, condivisibili e applicabili sempre in ambito enterprise.
Il mio prodotto è unico e richiesto dagli utenti
La preoccupazione di essere distintivi (Competitors analysis e USP), senza correre il rischio di voler reinventare la ruota è garantita da una ricerca esplorativa organizzata su tre aspetti principali:
- Organizzazione: definendo gli asset (tra cui le tecnologie), il business model, il brand, le persone e l’ambito culturale;
- Contesto: definendo i valori, i trend e i benchmark;
- Utenti: definendo i comportamenti, i pain e i need, sia generici, sia rivolti al prodotto (User Insights).
Il mio prodotto non ha limiti tecnologici e risolve le problematiche degli utenti
L’esposizione corale della ricerca esplorativa è un momento determinante di condivisione alle varie unit e mostra, oltre gli User Insights, i limiti tecnologici attuali. È necessario che tutti i livelli aziendali sappiano come garantire la creazione di un prodotto duraturo, performante nel tempo, integrabile a tecnologie terze, sicuro e scalabile. La scelta della tecnologia non è solo una questione tecnica, ma di governance e di fondamentale importanza per delineare il futuro di un prodotto e l’esperienza utente.
Il mio prodotto è memorabile, ingaggiante e scalabile
La visione futura del prodotto non è aderente alla prima versione che andrà a mercato a breve. È importante iniziare dalla definizione di un MVP (Minimum Viable Product), che coinvolgerà solo il principale servizio richiesto dagli utenti.
In questa fase (Design) si definiscono le soluzioni, i flussi comportamentali, i modelli di interazione e i concept, attraverso la realizzazione di prototipi, da testare e validare con gli utenti, per evitare sviluppi di feature non utili agli utenti.
Perché un concept?
Nella definizione dei concept vengono integrate le conoscenze multidisciplinari, gli aspetti di estetica, i principi di usabilità, le conoscenze tecnologiche, per progettare software che lascino il segno, rimuovendo barriere e comunicando con l’utente.
A cosa serve il design thinking?
Da un lato a delineare le soluzioni, proponendo nuovi significati, mettendo al centro le persone, i loro bisogni e le percezioni emersi nella fase di ricerca; dall’altro a coinvolgere in maniera partecipata i team non specializzati, nel delineare le soluzioni, mostrando l’impatto immediato sul prodotto di una decisione strategica o politica. Senza visualizzare si corre il rischio di interpretare, ognuno a suo modo.
Ok, ma quando arrivano le schermate?
Fino alla fase di realizzazione che mostra output più tradizionali e linee guida di sviluppo, è importante educare i team non specializzati e definire visivamente una roadmap, mostrando il senso e l’utilità di ogni step. Se non viene fatto, il consenso cala drasticamente.
E quindi quando ho una visione del dettaglio?
La modalità agile è la più consona per la realizzazione di un prodotto digitale e consiste in una definizione interattiva e iterativa su base settimanale delle aree principali di un prodotto.
È questo il momento in cui entrare nel dettaglio, realizzando in real-time il prodotto e definendo parallelamente una strategia di marketing, che coinvolgerà l’utente in un percorso di rilasci, creando first adopter e ambassador.
Ma a che velocità andiamo e quando finiamo?
Alla velocità di tutti, non solo di agenti esogeni (es. sponsor del progetto o fornitori). Servono agende libere e dedizione quotidiana per arrivare a rilasciare un MVP di prodotto. Serve definire chi valida e rappresenta la voce design, la voce dello sviluppo, la voce dell’utente e la voce del business. Senza disponibilità e senza validazione, il prodotto non uscirà a mercato.
Il mio prodotto è facile da utilizzare ed entra nella quotidianità degli utenti
Dalla messa a mercato dell’MVP è importante l’adozione del prodotto da parte dell’utente. Per questo sono determinanti strategie e strumenti per l’onboarding e l’organizzazione di test utente, per ascoltare i feedback e tornare a ottimizzare il prodotto rapidamente.
Il mio prodotto cresce nella direzione indicata dagli utenti
I test utente ripetuti sulle ottimizzazioni del prodotto e su nuove feature rilasciate, creerà una forte fidelizzazione dell’utente che genererà un legame duraturo e vincente che impatterà sulla percezione generale del brand.
Raggiungendo il duplice risultato di aver portato il prodotto a mercato e al contempo di aver tenuto insieme le esigenze dell’aziende, non solo dal punto di vista di business ma anche organizzativo.
Si ringrazia per la stesura dell'articolo Massimiliano M. Cucciniello, Creative & UX/UI Lead di Gellify.