FPZ Spa si fregia di rientrare nel primo milione di aziende al mondo ad aver provato e implementato l'AI generativa (GenAI) fin dal suo primo rilascio il 30 novembre 2022.
L’azienda italiana è specializzata nella produzione di soffianti a canale laterale per il trattamento in compressione e aspirazione di aria, gas tecnici, metano e biogas. Il quartier generale è a Concorezzo, in provincia di Monza-Brianza, con filiali commerciali nel mondo e uno stabilimento produttivo negli Stati Uniti (a Saukville, WI).
Il Gruppo ha nel suo portafoglio prodotti anche pompe dosatrici, realizzate nello stabilimento di Cologno Monzese (Milano). Ci sono poi i ventilatori industriali, prodotti nello stabilimento di Bovisio Masciago (Monza-Brianza). La progettazione e la produzione sono fortemente orientate alle logiche Lean. Questo è un approccio chiave per un prodotto distribuito in 3mila versioni (tra soffianti, pompe e ventilatori) in 70 Paesi, con una rete di assistenza globale.
L'AI generativa e il knowledge management
«Avendo già ottimizzato produzione e distribuzione, cercavamo un sistema per valorizzare anche il nostro sapere aziendale, fatto di competenze tecniche e best practice. Come mettere a fattor comune i flussi informativi, come riutilizzare risposte già date e soluzioni già trovate, senza ripartire ogni volta da zero? Il nostro know-how era già raccolto in un manuale tecnico e i ticket tecnici venivano già registrati in una bacheca digitale», racconta Andrea Lazari, ingegnere meccanico, Corporate Innovation Manager di FPZ.
«Ma conservare non significa valorizzare: è come non sapere, se non sai di avere a disposizione del materiale e del valore già prodotto! Avevamo già contattato Gellify per farci seguire in un progetto di knowledge management che creasse valore, quando è arrivata sul mercato la nuova generazione di Intelligenza artificiale (GenAI)».
Da lì l’azienda inizia un percorso di Change Management. L'obiettivo è valorizzare il sapere aziendale, sfruttando la nuova tecnologia ma anche cambiando approccio al modo di archiviare le informazioni. In modo da facilitare l’accesso e favorire la precisione di risposta del sistema automatico.
Il progetto dell'agente virtuale
«Inizialmente c’era un po’ di scetticismo. Poi i colleghi coinvolti, una cinquantina, hanno colto l’utilità della GenAI applicata al nostro know-how aziendale. Prima di tutto per la velocità del sistema nel reperire le informazioni e fornire risposte già validate nella bacheca di ticket. In questo modo, le risposte diventano un patrimonio comune consapevole. Risposte che erano riutilizzabili da altri tecnici, eliminando ripetizioni e ridondanze e liberando tempo ed energie», racconta Lazari.
Quindi i colleghi stessi hanno iniziato a contribuire all’arricchimento della “knowledge base proprietaria”. Lo hanno fatto con archiviazioni di contenuti via via più strutturati e organizzati. Al contempo, hanno sviluppato l’attitudine a porre domande più chiare e precise al sistema. L’agente virtuale stesso cita dove ha pescato l’informazione (cita le fonti!), avverte quando è una propria elaborazione e fornisce eventuali raccomandazioni di approfondimento.
«Più le domande sono precise, più le risposte sono accurate. Bisogna immaginarsi l’algoritmo dell’AI generativa come un collega neolaureato. Un collega con una solida struttura logica e semantica, ma che va guidato alla scoperta della nuova realtà aziendale», spiega il manager.
Come funziona il super agent C.E.S.A.R.E.
L’agente virtuale ha ricevuto in pasto i contenuti di tre archivi, dei “repository” di conoscenza specifica. Un manuale tecnico, i 5mila ticket aperti e gestiti dai tecnici di FPZ e un database SQL (Structured Query Language) con best practice e materiali aziendali.
Il super agent C.E.S.A.R.E, acronimo di “Computerized Expert System for Advanced Responses and Engineering”, individua con buona probabilità il database cui attingere. A quel punto, un sottosistema di ricerca, specializzato per ogni unità, cerca verticalmente la risposta al quesito. In pratica, tre strumenti basati su ricerca e pre-elaborazione verticali vengono utilizzati sui singoli archivi e possono dare risposte molto precise. È compito di C.E.S.A.R.E. (l’agente “primario”) usare queste informazioni per formulare la risposta definitiva da dare all’utente.
Il caso d’uso di FPZ riguarda quindi la gestione del patrimonio informativo proprietario con l’obiettivo di capitalizzarlo, attraverso il recupero di informazioni in tempo reale e la risposta rapida a tutta una serie di quesiti già trattati.
«In questo modo davvero liberiamo risorse ed energie per svolgere attività a valore aggiunto. Senza perdere tempo nell’elaborare risposte già presenti nel capitale aziendale e/o in ricerche che un sistema compie in tempo reale», precisa Lazari.
Quando l'AI generativa parla il linguaggio comune
In più, la traduzione dei dati in linguaggio permette di mettere a fattor comune il sottostante sistema logico-informativo secondo il linguaggio naturale. In pratica, senza le rigidità dell’AI pensata per le medio-grandi imprese. Infatti la GenAI parla il linguaggio comune, è semplice e democratica. Continua ad alimentarsi del patrimonio comune che l’azienda, a sua volta, produce e mette a disposizione con le sue skill tecniche.
«La GenAI è una tecnologia a scaffale, facile e pronta da usare anche su dati non strutturati e da fonti diverse. Eppure, anche la GenAI all’inizio richiede l’adattamento allo specifico contesto industriale e ai singoli obiettivi», spiega Pietro Beimer, Client & Ecosystem Specialist di GELLIFY.
Il ruolo di Gellify nell’ecosistema di innovazione
Gellify si propone proprio come consulente “end to end” per accompagnare le pmi nell’applicazione di tecnologie attrattive, accessibili e già disponibili, sui cui creare casi s’uso (“use case”). Non solo per progetti pilota isolati, ma per roadmap di digitalizzazione aziendali con interventi step by step di ampio respiro.
Fanno parte dell’ecosistema di Gellify un centinaio di startup. Sono specializzate nelle nuove tecnologie e rappresentano un asset tecnologico innovativo su cui far leva, sotto la guida degli esperti di Gellify.
«Quello che spesso manca alle pmi, pur incuriosite dalle funzionalità disruptive dell’intelligenza artificiale generativa, è la capacità di vederne le possibili applicazioni alla propria realtà e la tassonomia, il linguaggio per confrontarsi con esperti verticali. Così il nostro compito nell’ecosistema è proprio quello di analizzare sfide e obiettivi dell’azienda, identificare potenziali aree di intervento e delineare una Roadmap per testare e validare un progetto innovativo, agile e d’impatto, facendo leva su tecnologie digitali quali Analytcs, AI, GenAI e Machine Learning», conclude Lucia Chierchia, Managing Partner & Chief of Open Innovation Ecosystems di Gellify.
«L’obiettivo è creare valore dai dati, integrando tecnologie emergenti per creare nuovi use case. L’elemento disruptive della nuova generazione di Intelligenza artificiale, oltre al linguaggio comune, è infatti la sua capacità semantica di interpretare correttamente anche fonti dati non strutturate e diverse tra loro, abilitando use case fruibili e scalabili».