Solo il 20% degli annunci di lavoro per profili Ict trova figure idonee in entrata sul mercato. È la stima dell’Osservatorio sulle Competenze Digitali 2023 di Aica, Anitec-Assinform e Assintel. Queste tre realtà, le principali associazioni Ict italiane, hanno affidato la ricerca a Talents Venture.
Dal confronto tra gli annunci online 2022 (circa 219mila unità) e il numero di diplomati e laureati in materie Ict nel 2021 (44mila unità) emerge un forte gap. Solo una richiesta su cinque può essere infatti soddisfatta dal sistema formativo tradizionale, con 175mila posizioni vacanti. Questo a fronte di un deciso aumento della domanda.
In Italia, confrontando gennaio 2019 con febbraio 2023, la domanda è passata da 25mila a 54mila unità. In Europa da 453mila a oltre 1,3 milioni. A seguire, la nostra domanda si è stabilizzata (43.206 annunci a settembre). Sembra legata all’assestamento dopo il boom post-Covid, alle incertezze geopolitiche e all’inflazione.
I ritardi del sistema formativo sulle competenze digitali
Il sistema accademico è però in ritardo rispetto alle dinamiche evolutive del mercato del lavoro con la spinta della digitalizzazione. Le università hanno solo il 7% di corsi dedicati all’Ict in senso stretto, con solo il 5% di laureati all’anno (9.221 su 190mila). La percentuale è stabile tra il 4% e il 5% dal 2016.
Anche i corsi di laurea e i master in intelligenza artificiale sono solo una trentina, a fronte della nuova domanda di esperti in AI generativa. Così pure ci sono solo 34mila diplomati all’anno che entrano direttamente nel mondo del lavoro del sistema secondario pubblico. La percentuale è pressoché invariata da anni, anche se cresce l’offerta di indirizzi Ict.
Il ruolo degli ITS Academy nello sviluppo di competenze digitali
Infine, i supertecnici informatici che si specializzano dopo il diploma nelle ITS Academy (19 dedicate all’Ict su 176 fondazioni), sono anch’essi una minoranza. Neanche un migliaio sui 9mila diplomati all’anno, secondo la rilevazione di Indire su dieci ITS monitorati.
A questo si aggiunge la scarsa conoscenza tra i giovani italiani di questo modello di formazione terziaria professionalizzante. Solo il 18% degli studenti conosce questa opportunità, secondo un’indagine di Talents Venture su 800 studenti del quarto e quinto anno delle superiori.
Cosa fare per invertire il trend? Le proposte delle istituzioni
Rappresentanti ministeriali presenti all’incontro di presentazione dell’Osservatorio sulle Competenze Digitali 2023 hanno presentato le iniziative in corso per invertire la tendenza, sfruttando gli 8 milioni di euro del PNRR.
In particolare, il capo di gabinetto del Ministero dell’Università e della Ricerca (Mur) Marcella Panucci ha presentato un progetto di orientamento che coinvolge tutte università. Mira a indirizzare e “rassicurare” gli studenti delle scuole secondarie sulle scelte future e aumentare la consapevolezza delle loro capacità.
Sono inoltre previsti sconti sulle iscrizioni e borse di studio per studenti meritevoli che sceglieranno materie Stem. Ed è in progetto la riforma delle classi di laurea. L’obiettivo della riforma è rendere più flessibili i percorsi, con l’inserimento di materie non direttamente afferenti, ma necessarie allo sviluppo delle imprese e della PA.
A sua volta, il sottosegretario del Ministero dell’Istruzione e del Merito (Miur) Paola Frassinetti ha sottolineato la necessità di formare un corpo docenti preparato digitalmente e l’impegno a ridurre il divario di genere nella scelta dei percorsi Stem (solo il 23% è femminile). Ma ha anche ricordato l’importanza della cultura generale, del ragionamento e del pensiero critico, dell’interpretazione dei testi e della scrittura.
In pratica, il valore di una metodologia, di un approccio mentale più a tutto tondo per affrontare informatica e digitale nel modo corretto. Si tratta infatti di saper guidare un cambiamento epocale, in cui il 65% dei bambini negli anni a venire farà lavori che ancora non esistono. Questo apre senz’altro uno scenario di grandi opportunità, ma che bisognerà saper governare.
Come risponde il mercato: i bootcamp
Negli ultimi anni si assiste allo sviluppo di ulteriori fonti di specializzazione, con i cosiddetti “bootcamp” e le Academy aziendali.
I bootcamp sono corsi di formazione di enti privati dai 3 ai 9 mesi, soprattutto on-line, per le competenze più richieste: sviluppo web, analisi dati, marketing digitale e coding. È molto sviluppato anche il mercato dei corsi/certificazioni proposti dai provider informatici su specifici linguaggi e software/suite.
«Oggi riteniamo cruciale promuovere la consapevolezza delle competenze possedute, o della loro carenza, anche attraverso un sistema di assessment ad ampia diffusione. È inoltre centrale ribadire l’importanza delle certificazioni digitali e sensibilizzare le imprese a riconoscerne il valore. Elemento, questo, che ha un significativo impatto su tutto il sistema produttivo. Tra due questi aspetti, è fondamentale rendere disponibile e accessibile un’offerta formativa di qualità, attraverso il potenziamento della rete di centri Icdl (International Certification of Digital Literacy, ndr)», dichiara Antonio Piva, presidente di Aica.
Tra le 60 professioni più richieste, spiccano quelle legate allo sviluppo software (40%), con l’application developer, il front-end developer e il Java developer. Seguono poi gli ingegneri delle reti e dei sistemi, come i Cloud architect e i Systems engineer (20%).
Tuttavia, come sottolinea Giovanna Marena, Managing Director di GSO HR Digital, le imprese cercano sempre più anche figure a tutto tondo in ambito informatico. Sono infatti richieste anche soft skill trasversali per gestire i progetti, i gruppi di lavoro e la comunicazione con le diverse funzioni e divisioni aziendali. In sostanza, serve una ibridazione delle competenze anche in chiave manageriale, perché il digitale è ormai strategico per le imprese. Non a caso, la prima competenza richiesta negli annunci analizzati è di project management, oltre a quelle specialistiche di linguaggi di programmazione e Cloud.
Come risponde il mercato: le Academy aziendali e la rete con il sistema formativo
Un altro canale in crescita è quello delle Academy aziendali. Sono percorsi realizzati in azienda, spesso in collaborazione con enti di formazione e business school, per specializzare i neoassunti e favorire l’upskilling e reskilling dei dipendenti.
«Mettere le persone al centro vuol dire prima di tutto garantirne non solo l’occupabilità presente e futura, ma che sia anche di qualità, puntando sullo sviluppo delle competenze digitali. Insieme, imprese e istituzioni devono collaborare per una scuola che prepari i giovani alle sfide del lavoro e per soluzioni di upskilling e reskilling adeguate ai fabbisogni delle aziende e all’evoluzione del mercato. C’è bisogno di una strategia ampia che includa Academy, università, ITS e istituzioni scolastiche per offrire formazione di qualità, diffusa e a prova di futuro», dichiara Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform.
Le linee suggerite per lo sviluppo delle competenze digitali
L’Osservatorio suggerisce alcune linee d’azione per generare un aumento strutturale del numero di professionisti Ict per soddisfare la richiesta delle imprese e promuovere una trasformazione digitale dell’economia su scala nazionale. Le aree di intervento individuate sono tre.
Prima di tutto riformare il sistema scolastico e universitario e scolastico, garantendo una formazione Ict accessibile e inclusiva. «Serve un deciso intervento delle istituzioni su tre fronti: la sensibilizzazione culturale alle discipline Stem, che passa anche per la modifica delle modalità di orientamento scolastico; il potenziamento degli ITS; una stretta partnership di indirizzo e di docenza tra le università e le aziende del Made in Italy digitale presenti sul territorio», precisa Paola Generali, presidente di Assintel.
In secondo luogo, bisognerebbe “digitalizzare” il mercato del lavoro, sia attraverso il rinnovamento degli schemi di apprendistato e dei dottorati industriali, sia promuovendo l’upskilling e il reskilling della forza lavoro attuale. Infine, bisogna sviluppare un ecosistema digitale, promuovendo l’imprenditorialità Ict e la creazione di network collaborativi di filiera.