È possibile che un’azienda si metta contro le esigenze del mercato? Che imponga scelte che un utente non si sente di prendere? Che, in sostanza, assuma un atteggiamento punitivo per proprio tornaconto? È possibile, è certamente possibile, soprattutto se si possiede una posizione dominante. Il caso più recente, e per certi versi eclatante, riguarda una grande multinazionale del software che qui possiamo tranquillamente citare, Microsoft, e il caso riguarda Windows XP. Questo sistema operativo è senza ombre di dubbio abbastanza datato, risalendo a 11 anni fa il suo debutto. Ma attualmente ancora circa il 45% dei PC Windows lo utilizza, il che qualcosa vorrà pur dire come adeguatezza e soddisfazione dell’utente. Magari si può anche parlare di pigrizia, oppure di rifiuto o fastidio al cambiamento.La Microsoftha recentemente annunciato che il giorno 8 aprile 2014 cesserà il supposto a XP (oltre che a Office 2003), e accreditate società di ricerche di mercato ritengono che a quella data il 10-15% dei PC aziendali ancora avrà installato e funzionante il vecchio sistema operativo. Ovviamente c’è sempre una via d’uscita. Si vuole mantenere il supporto a XP? Basta pagare: si parla di 200$ per PC per il primo anno dopo la scadenza del supporto. Nel caso di un’azienda, rimasta anonima, il conto finale per 5000 PC aziendali raggiungerebbe quasi un milione di dollari per il primo anno, per arrivare ai 5 milioni per il terzo. Con queste cifre il custom support si trasforma in “money maker“. Tutto normale, si dirà, è già successo con Windows 98 e con Windows Vista (qualcuno se ne è accorto?) ma non a questi livelli, anche perché il successo e la diffusione di XP sono ben diversi. Mancanza di supporto vuol dire vulnerabilità a malware e impossibilità di driver per nuovi hardware: basta questo per dire tutto. Già che ci siamo ricordiamo che entro il 2020 anche per Windows 7 finirà il “free support”. Si inizia a guardare il proprio PC con occhio diverso, anche lui in scadenza, come le auto euro 0 che non possono più circolare. Nuove esperienze di lavoro, nuove grandi funzionalità ci attendono, ma resta il fatto che si evidenzia, curiosamente, un’altra faccia dell’innovazione: la si cerca per mantenere alta la propria competitività, ma pure la si subisce, con i costi associati, per non uscire dal mercato, per mantenere le proprie posizioni sullo scenario globale: non c’è alternativa al continuo innovarsi. Solo che sarebbe meglio poterlo fare con i propri ritmi e le proprie dinamiche aziendali. Ma non nella realtà non è così e forse qualcuno non l’aveva messo in conto. L’esempio di XP è abbastanza emblematico di come alla fine si sia diversamente dipendenti dalla tecnologia, quasi privati di una propria libertà di azione. Forse queste considerazioni sono esagerate in quanto è ben difficile opporsi a una logica di miglioramento che porta con sé chiari benefici ma anche costi, sia psicologici che materiali. Come ci diceva a suo tempo un esperto di software: ma perché non c’è ancora un tool che permette un passaggio automatico da una piattaforma a un’altra? Ho un PC che lavora bene e di cui non ho motivo di lamentarmi. Devo passare da un SO a un altro. Il tool automaticamente mi cambia quello che deve, installa e mantiene esattamente la stessa situazione precedente. Di fatto un passaggio trasparente. Niente da fare. È compito dell’utente adeguare la vecchia situazione al nuovo, ed è questo spaventa più di tutto, non il cambiamento in sé, razionalmente fonte di vantaggi, ma i problemi, le sorprese e le iniziali inefficienze che ne conseguono. Si dirà che è inevitabile, ma questo ci è difficile crederlo.
Aldo Cavalcoli