Quello della gestione e del trattamento delle acque è un tema molto attuale sia in un’ottica di risparmio sia in quella di salvaguardia dell’ambiente e della salute delle persone. Le tecnologie legate a queste attività sono in costante evoluzione. Rimuovere le sostanze contaminanti è una procedura complessa in cui entrano in gioco sia processi chimici sia apparecchiature tecnologiche sofisticate. Importanti sono anche le attività di monitoraggio per capire se ogni processo si sta svolgendo in modo corretto.
Il tema della gestione delle acque in Italia è stato oggetto, nel tempo, di diverse normative, partendo dal regio decreto 1775/1933, arrivando ai giorni nostri. Se il regio decreto ha iniziato a sottolineare il principio di natura pubblica delle acque e l’importanza dell’intervento della Pubblica Amministrazione nel regolare le concessioni per garantire gli interessi collettivi, mancava la sensibilità alla tutela della risorsa idrica; non si considerava la necessità di risparmiare l’acqua né quella di restituirla non inquinata. La legge 319/1976, che sottolineava la necessità di tutelare le acque dall’inquinamento, ha avuto come obiettivo quello di disciplinare gli scarichi industriali, demandando la regolamentazione degli scarichi civili e delle fognature alle regioni, senza considerare, però, il tema della quantità, aspetto considerato invece dal decreto legislativo 152/99 sulla tutela delle acque dall’inquinamento, che ha recepito le direttive comunitarie 91/271/ CEE e 676/ CEE. Il decreto legislativo 18 agosto 2000 n.258 (chiamato anche “decreto acque-bis”) ha perfezionato il decreto 152/99 in materia di competenze, aree sensibili, salvaguardia delle acque destinate al consumo umano, bilancio idrico di bacino, temporaneità delle concessioni per i prelievi di acque, disciplina degli scarichi, autorizzazione al trattamento dei rifiuti negli impianti di acque reflue urbane, integrazione del sistema dei controlli e delle sanzioni. In particolare è fortemente preso in considerazione il tema dello scarico di acque reflue industriali. Sono previste sanzioni e, nei casi più gravi, anche l’arresto, per quanti scaricano acque reflue senza autorizzazione o dopo che l’autorizzazione è stata sospesa o revocata e per quanti scaricano acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose.
Un tema fortemente attuale
Anche oggi la tematica della gestione, del controllo e del trattamento delle acque è fortemente di attualità, questo sia per gli usi domestici, sia in rapporto agli usi industriali dell’acqua. Importante è poter disporre dell’acqua con le caratteristiche adeguate all’utilizzo a cui è destinata, ma anche poter eliminare le sostanze dannose. Trattare le acque reflue, per poterle riutilizzare, depurate, per esempio, in attività industriali o di irrigazione, è un tema fondamentale sia in un’ottica di risparmio si in un’ottica di salvaguardia dell’ambiente e della salute delle persone. Tra gli esempi di utilizzo dell’acqua rientra, per esempio, quello legato agli impianti di processo chimico. In questo caso l’acqua deve essere sottoposta a un processo di rimozione totale delle sostanze contaminanti, per poter essere usata. Normalmente ogni fornitura d’acqua contiene contaminanti; l’importante è poterli rimuovere con le tecnologie più adatte in base alla situazione. Di solito un sistema di trattamento dell’acqua è costituito da componenti di pretrattamento, di trattamento primario e di post trattamento. Una procedura di pretrattamento è quella di filtrazione. In questa fase, tramite un filtro, sono rimossi i contaminanti solidi. Di solito, però, le forniture idriche contengono anche sali disciolti che, se presenti in modo eccessivo, superando il loro livello di solubilità, precipitano e possono interferire con le attività di trattamento primario. Uno di questi sali è, per esempio, il carbonato di calcio, presente in condizioni di saturazione nelle forniture di acqua non di mare. In casi di questo tipo si ricorre a procedure di pretrattamento chimico: lo ione di calcio è sostituito con il sodio per prevenire le incrostazioni. Un’altra procedura prevede la regolazione del pH con un acido che converte lo ione carbonato in anidride carbonica e acqua. Una tecnologia di pretrattamento per grandi volumi idrici è la coaugulazione o flocculazione. In questo caso sono aggiunte specifiche sostanze chimiche che reagiscono con i solidi sospesi nella fornitura idrica e portano alla creazione di aggregazioni in particelle più grandi: in questo modo sarà facilitata la rimozione mediante attività di sedimentazione o filtrazione. Nella fase di trattamento primario, l’utilizzo di tecnologie a membrana consente la separazione dei contaminanti tramite una membrana semipermeabile, mediante il processo della filtrazione tangenziale. La soluzione fluisce nella parte superiore e in parallelo alla superficie filtrante. Sotto pressione, una parte di acqua, tramite la membrana, produce un flusso permeato. Il flusso turbolento dell’acqua di alimentazione sulla superficie della membrana riduce l’accumulo di materia particolata e facilita il funzionamento continuo. Processi di microfiltrazione e di ultrafiltrazione consentono di rimuovere contaminanti presenti in particelle dalle dimensioni estremamente ridotte. Una tecnica molto usata per la rimozione dei sali dall’acqua è quella dell’osmosi inversa, che serve per rimuovere materiali disciolti, ed è soprattutto usata per abbassare il contenuto di sali o minerali. Per eliminare contaminanti organici o microorganismi si ricorre a metodi di ossidazione avanzata. L’irradiazione a raggi ultravioletti, l’ozonizzazione e l’aggiunta di anidride carbonica rientrano tra questi metodi. L’irradiazione ultravioletta emette energia a lunghezze d’onda che raggiungono i 254 nanometri; i sistemi di questo tipo, tuttavia, presentano anche svantaggi. Dal momento che la luce viaggia in linea retta, i solidi sospesi o altre ostruzioni riducono l’efficacia di queste tecnologie, mentre le lampade possono incrostarsi con depositi solidi o organici. L’ozonizzazione è un metodo molto usato, anche perché l’ozono è un ossidante molto potente. L’ozono disciolto in acqua è efficace nella disattivazione dei microorganismi ed è anche in grado di ossidare contaminanti come il ferro, il manganese e il solfuro di idrogeno. Anche questa tecnologia, tuttavia, ha qualche svantaggio. Richiede aria secca, deve essere approntata sul luogo di utilizzo e richiede materiali di costruzione molto inerti. L’ozono, inoltre, reagisce al bromo nei rifornimenti idrici, per formare ioni di bromo, che potrebbero essere cancerogeni. Le capacità di ossidazione di tecnologie come l’irradiazione ultravioletta e l’ozonizzazione possono essere potenziate con l’aggiunta di perossido di idrogeno, che è molto usato per la disinfezione di sistemi d’acqua ultrapura. Questa sostanza si dissolve nell’ossigeno e nell’acqua, non lasciando residui nel sistema.
Un esempio di trattamento delle acque reflue
Tra gli esempi di introduzione di tecnologie innovative per il trattamento per le acque reflue, rientra quello del Consorzio per l’area di sviluppo industriale della Provincia di Messina. In questo caso si è scelto un sistema biologico a membrana di nuova generazione, studiato per abbattere i consumi energetici e incrementare la produttività. Sistemi di questo tipo combinano un processo a membrana come microfiltrazione o ultrafiltrazione con un reattore a biomassa sospesa. Questa tecnologia permetterà ai gestori degli impianti di trattamento delle acque reflue municipali e industriali di risolvere le problematiche legate alla qualità dello scarico finale, con l’obiettivo di ridurre i costi gestionali e incrementando la produttività complessiva del sistema di filtrazione. Il sistema di filtrazione introdotto permetterà anche di abbattere il carico inquinante, tutelando l’ambiente tramite il riutilizzo dell’acqua, la preservazione dei litorali e l’abbassamento dei consumi energetici. Situata sul litorale marino, la struttura scaricherà nel Mar Tirreno, con la possibilità di riutilizzare l’acqua depurata per l’irrigazione o per supportare le attività industriali servite dal Consorzio. Una volta completato, il nuovo impianto tratterà una portata media di 21 mila m³ al giorno, con picchi giornalieri fino a 40 mila m³ al giorno, l’equivalente del consumo quotidiano d’acqua di circa 125 mila persone.
Svolgere attività di misurazione, controllo e trasmissione dei dati
Un settore molto importante, per un corretto trattamento delle acque, è anche quello delle tecnologie di misura. Queste tecnologie sono fondamentali per ottenere informazioni utili sulle attività in corso per capire se tutto funziona correttamente. L’obiettivo è quello di comprendere, per esempio, se la riduzione delle sostanze organiche, di nitrati e ammoniaca sta avvenendo in modo efficace. Se tutto si svolge correttamente i vantaggi sono notevoli sia in termini ecologici sia di riduzione dei costi. Il processo di misurazione da solo, però, non basta; importante non è solo raccogliere i dati, ma anche trasmetterli. Oggi la trasmissione dei dati provenienti da impianti di depurazione e di riutilizzo può avvenire anche in modalità Wireless, con l’utilizzo di apparati Bluetooth. Un esempio, in questo senso, proviene da un impianto di depurazione e di riutilizzo situato nella zona di Torino, che tratta gli scarichi industriali e civili provenienti dai comuni dell’area. Questo impianto, configurato su due linee di trattamento (acqua e fanghi) ha una portata media di 40 mila metri cubi al giorno e una potenzialità di 400 mila abitanti equivalenti. I fanghi sono stabilizzati con digestione anaerobica e fitopressati e quindi inviati a un impianto per il riutilizzo. Per il monitoraggio, la legislazione prevede prelievi d’acqua in ingresso e in uscita, in proporzione alla portata media oraria. All’uscita ci sono due misuratori di portata a ultrasuoni, che inviano misure analogiche continue a un PLC, che ritrasmette le misure a due campionatori automatici, all’ingresso e all’uscita dell’impianto. Due coppie trasmettitore-ricevitore sono usate per comunicare con i campionatori. Mediante una scheda analogica con separazione galvanica, il PLC ritrasmette al multiplexer le misure ricevute dai misuratori di portata. I multiplexer mandano l’informazione ai due campionatori, dotati di un software residente che calcola la media delle misure ricevute e ordina la realizzazione di un prelievo proporzionale alla portata oraria. Lo standard Bluetooth permette di poter contare sui vantaggi di un collegamento radio consentendo la trasmissione dei dati a prezzi contenuti e con facilità.