È in atto uno sviluppo dai risvolti interessanti che riguarderà tutti i vari segmenti della Robotica, industriale e non, e che segnerà in qualunque ambito di applicazione cambiamenti radicali i cui confini sono, oggi, ancora difficilmente definibili.
L’impatto dei robot sul mondo del lavoro è difficilmente prevedibile, e anche se è ragionevole pensare che l’aumento di produttività farà crescere l’occupazione, non mancano timori e preoccupazioni, anche perché è indubbio che i robot stanno “rubando” posti di lavoro, ma questo avviene per i “3d jobs”: dull, dirty, dangerous (noiosi-ripetitivi, sporchi, pericolosi). Ma aumentano prestazioni e intelligenza, e non è detto che i robot saranno usati solo in attività fisiche lasciando agli umani compiti che richiedono capacità intellettuali. Queste considerazioni si agganciano all’evoluzione delle tecnologie e al loro impatto sul miglioramento dei robot, senza dimenticare il ruolo della ricerca. Ne abbiamo parlato con Arturo Baroncelli, Business Development Manager di Comau S.p.A., Presidente International Federation of Robotics.
Robot e lavoro
La International Federation of Robotics, di cui lei è Presidente, ha attivato alcuni studi dai quali si evince un effetto positivo sul lavoro dallo sviluppo dei robot industriali. Potrebbe esprimerci la sua opinione su questo tema?
È importante premettere che la Robotica Industriale è nata nel 1961, quando fu installato in uno stabilimento della General Motors a Trenton, nel New Jersey, il primo robot per la manipolazione di componenti automotive in processi industriali ad alta temperatura. Questo primo modello, con funzionalità ancora rudimentali in confronto a quelli che attualmente vengono utilizzati, presentava però già caratteristiche rivoluzionarie rispetto alle soluzioni tecnologiche impiegate nell’automazione tradizionale. Da quel momento inizia una diffusione sempre più massiccia dei robot per uso industriale, tanto che nel 2014 si potevano contare oltre 220.000 unità installate nel mondo. Il robot industriale è quindi diventato, con il passare del tempo e il progresso tecnologico che lo ha visto protagonista di non poche innovazioni ed evoluzioni, “il” mezzo tecnologico di produzione per eccellenza nei più svariati segmenti di mercato. Il suo impiego è infatti ormai imprescindibile e di importanza fondamentale: per fare un esempio, oggi è impensabile sviluppare linee automobilistiche che possano produrre vetture a una velocità di meno di un’unità al minuto senza l’utilizzo di centinaia di robot antropomorfi. Il robot, in poche parole, è in grado di eseguire compiti che gli esseri umani non riescono a eseguire, come trasportare oggetti da 500 kg tra due punti, distanti 5 metri, in pochi secondi per 24 ore al giorno, o manipolare componenti con temperature di 600°C i, oppure spostare con estrema precisione piccoli componenti al ritmo di 150 movimenti al minuto. In tal senso, il robot non è che un mezzo di produzione come tanti altri, capace a tutti gli effetti di migliorare le condizioni di lavoro dell’uomo e la capacità produttiva delle aziende. E a questo riguardo, sia la International Federation of Robotics che altre organizzazioni hanno pubblicato studi specifici, tra cui il “Positive Impact of Industrial Robots on Employment” disponibile su sito della IFR, o il “Robots secure competitiveness and jobs” di VDMA – 11/6/2013 e il “New Study Confirms: Use of Robots Fuels Growth and Productivity”, consultabile sul sito EU United Robotics.
Le tecnologie abilitanti e il ruolo della ricerca
Quali tecnologie più di altre apporteranno miglioramenti nei sistemi robotizzati? Dalla sua esperienza, in che direzioni si stanno particolarmente orientando le attività di ricerca sui robot?
Sono svariate le branche scientifiche che concorrono, insieme alla Robotica, alla realizzazione di un robot. Tra queste basti citare la meccanica, le discipline che si occupano della produzione e della gestione di software, della sensoristica tattile o di strumenti di visione artificiale. Queste discipline seguono un proprio e autonomo processo di sviluppo e innovazione, in risposta alle necessità produttive delle aziende o come conseguenza degli studi condotti da Università e centri di ricerca specializzati. La loro combinazione, per lo sviluppo di prodotti nell’ambito della Robotica, sta quindi dando e darà origine, ancor più in futuro, a progressi e miglioramenti straordinari. Alla fine degli anni ‘90 la Robotica ha infatti cominciato ad affacciarsi anche in un altro comparto di applicazione: quello dei “Service Robot”, automi realizzati con gran parte delle tecnologie tipiche dei robot industriali, ma utilizzati in ambienti diversi dall’industria manifatturiera, e che spesso prevedono una stretta cooperazione operativa con l’uomo. In generale, due sono i settori cui fa rifermento oggi la Robotica di servizio: un ambito “professionale”, con applicazioni per chirurgia, riabilitazione medica, agricoltura, recupero di oggetti in ambienti pericolosi, per ambienti sottomarini, a cui si affianca una Robotica di servizio “personale o domestica”, dove i robot sono usati per operazioni di pulizia, assistenza ad anziani, ricerca e così via. Rispetto a quanto accade nella Robotica industriale, in quella di servizio è ancora più accentuato il riferimento alla necessità di utilizzo di molteplici discipline scientifiche per la realizzazione dei robot richiesti. Infatti, oltre all’influsso di discipline tecnologiche classiche, come meccanica, elettronica o software, si devono considerare anche apporti da branche del sapere che si occupano di intelligenza artificiale, neurofisiologia e scienze mediche, o addirittura di biologia, etica e giurisprudenza. Questa è una particolarità che caratterizzerà in modo probabilmente unico lo sviluppo, per il prossimo futuro, di un settore applicativo dove la domanda di robot dedicati è in costante aumento. La Robotica industriale e quella di servizio sono e saranno dunque sempre più caratterizzate da “contaminazioni” tecnologiche reciproche, che prevedono lo sviluppo di soluzioni innovative, capaci di ottimizzare prestazioni, costi e affidabilità delle macchine. Non manca però, tra queste due diverse branche della Robotica, un importante punto di incontro: oggi infatti si cerca sempre più l’applicazione in ambito industriale di robot collaborativi, in grado di lavorare vicino agli operatori in tutta sicurezza e quasi senza barriere di separazione. Mentre in passato robot e uomo operavano, per ragioni di sicurezza, in modo nettamente separato durante i processi industriali, oggi stanno invece emergendo tecnologie capaci di avvicinare il più possibile il lavoro dell’uomo a quello delle macchine. Un’esigenza che sta inoltre segnando un nuovo trend di sviluppo della Robotica industriale, destinato a determinare modifiche significative nei processi manifatturieri che oggi caratterizzano la grande, media e piccola industria. Una possibilità concreta di incontro tra uomo e robot è rappresentata dalla progettazione e dalla messa in opera di sistemi dove entrambi possano svolgere i propri rispettivi compiti mettendo però a frutto le proprie singole e differenti potenzialità: il robot può infatti dedicarsi a compiti pesanti, noiosi, ripetitivi, pericolosi e veloci mentre l’operatore può svolgere attività legate all’impiego della propria intelligenza, capacità di cura e destrezza.
Alcune considerazioni di particolare rilevanza
Importanti riflessioni sul ruolo dei robot in ambito industriale derivano sicuramente dall’analisi dell’attuale composizione del mercato mondiale. Il numero di robot installati nel mondo, nel 2014, era di oltre 220.000 unità. Basti poi pensare che il Paese da cui oggi arriva la maggiore domanda di robot è la Cina, che ormai ha sorpassato Giappone, Corea del Sud, USA e Germania. Diversi Paesi del Sud Est asiatico, come Thailandia, Indonesia o Vietnam, con un costo del lavoro molto basso rispetto a quello dei Paesi più industrializzati, si distinguono per la grande velocità con cui stanno introducendo un’automazione robotizzata nei propri processi industriali. Questo andamento conferma che il robot è oggi il mezzo di produzione preferito in molteplici segmenti di mercato e che la sua diffusione è collegata e proporzionale alle aree di crescita industriale nel mondo. Una misura del potenziale di crescita del numero di robot in Paesi in fase di rapida industrializzazione arriva da paramentro interessante: la densità dei robot, numero di robot installati per 10.000 operatori. Il valore medio globale è sui 60 robot per 10.000 operatori, con un massimo in Corea (437) e Giappone (323); solo in Cina è oggi pari a 30. In conclusione, sono almeno due i fenomeni alla base dello sviluppo e della diffusione dei robot nel prossimo futuro: le innovazioni tecnologiche in diversi campi, e la crescente domanda di robot dai Paesi emergenti, oggi diventati i principali utilizzatori del mercato.
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- Intervista ad Arturo Baroncelli, Presidente IFR (International Federation of Robotics);
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