Dopo il nostro editoriale di marzo (Comprendere la tecnologia) in cui abbiamo espresso dubbi sulla valenza della futurologia applicata all’innovazione tecnologica, può apparire abbastanza contraddittorio volersi cimentare sul futuro dell’automazione. Ma l’approccio che vogliamo seguire ci auguriamo possa permetterci di recuperare coerenza agli occhi del lettore. Partiamo infatti dal passato. Ma prima un breve premessa. Anche se può sembrare un ragionamento blasfemo, oggi l’automazione utilizza certamente nuove tecnologie, ma queste sono state per la maggior parte sviluppate in altri ambiti e per altri scopi. I produttori di automazione in sostanza specializzano prodotti e soluzioni per necessità e applicazioni specifiche (e questo non è certo sinonimo di “limitate”). Con ciò non si vuole certo insinuare che in automazione sia assente l’innovazione, quanto piuttosto che questa viene dalle applicazioni, non da nuove rivoluzionarie tecnologie. Se si guarda al passato, qualcosa di diverso è invece avvenuto e l’esempio emblematico per eccellenza è quello dei PLC che, concepiti per appositamente per sostituire la logica a relè, hanno poi stimolato una crescita importante dell’automazione industriale. Altro elemento di innovazione, seppur diverso dal precedente, è stato l’ingresso dei PC nel mondo del controllo, Questa “new entry” ha poi portato alla disponibilità di hardware e di software di cui hanno beneficiato anche i DCS. Ma a differenza del caso PLC, non si è trattato, volendo spaccare il capello in quattro, di un’innovazione tecnologica fondamentale nata nel contesto automazione, quanto di un’estensione di una tecnologia sviluppata per un altro mercato, tra l’altro di massa, quello dei PC Office, con adattamento alle esigenze dell’automazione industriale. E qualcosa di simile sta avvenendo con tablet e smartphone. Sintetizzando idee e concetti presenti in studi e report che abbiamo avuto l’opportunità di approfondire, si potrebbe affermare che le innovazioni in automazione non sono certo mancate nè mancano, ma la loro specificità, e non certo il loro limite tecnologico e applicativo, non è tale da manifestare in prospettiva un potere modificante dirompente. Questo sguardo al passato suggerisce che trend futuri di spessore, o di rottura, non possono realisticamente arrivare da quelli del passato, se non in termini di continua evoluzione, per esempio con l’embedding di funzionalità di crescente sofisticazione in sistemi sempre più compatti e smart. Quali allora le possibili nuove direzioni dell’automazione? Occorre guardare altrove, cercando i cosiddetti “inflection points”, i punti di flesso, quelli in cui si manifesta un cambiamento di andamento, a indicare uno stacco netto. E qui ci vuole in effetti ben poca fantasia, perché la loro evidenza è conclamata. Evitando il solito elenco statico, si può dare a questi “inflection point” una consequenzialità logica: le nanotecnologie, da cui sistemi MEMS e sensori nanotecnologici a basso consumo e basso costo che, potendo misurare qualsiasi cosa ovunque diventano, insieme al wireless, abilitatori di M2M e Internet of Things, contesti in cui diventano possibili operatività realtime che sono poi alla base dei sistemi adattativi, anche complessi, del futuro. Senza scomodare definizioni accademiche, è senz’altro accettabile attribuire a un sistema adattativo la capacità di modificare autonomamente propri parametri per adattarsi alle modifiche che può subire nello svolgimento delle sue funzioni. E questo dove porta? Qui il percorso si fa scivoloso ma è ragionevole, futurologia a parte, vedere un consistente avvicinamento all’ideale di “fully automated factory”, con capacità di riconfigurazione e adattamento per un manufactuiring customizzato on demand. Siamo andati troppo oltre? La strada è questa. Questa la vision dei produttori di sistemi e soluzioni, e le tecnologie innovative da contestualizzare nell’automazione industriale sono presenti.