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Manifatturiero italiano tra sfide e incentivi: i dati dell’Osservatorio MECSPE

Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio MECSPE, il Piano Transizione 5.0 si conferma un elemento trainante, in un contesto in cui digitalizzazione e sostenibilità rappresentano fattori chiave per la competitività.

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Marianna Capasso

Prudenza e preoccupazione, ma anche entusiasmo e voglia di investire. Meglio se con le agevolazioni del Piano Transizione 5.0. È quanto merge dalla presentazione dell’Osservatorio MECSPE, nell’evento inaugurale della tre giorni bolognese, dal 5 al 7 marzo 2025.

Tra previsioni, incentivi e fattori destabilizzanti c’è una sola certezza: innovazione e digitalizzazione sostenibile saranno i principali driver per lo sviluppo del tessuto industriale.

Dinamiche di mercato e sfide emergenti nell’Osservatorio MECSPE

È oramai un appuntamento fisso l’Osservatorio MECSPE, istantanea dello scenario imprenditoriale manifatturiero. In uno sguardo d’insieme sul comparto, che unisce 526mila aziende attive. Ma quali sono le tendenze, per il 2025? E quali, le sfide da affrontare? A tutte le domande ha risposto Stefano Cattorini, Direttore Generale del Competence Center BI-REX, nella sua presentazione dell’indagine.

Si parte dal livello di soddisfazione sull’andamento dell’azienda, dove la maggioranza delle imprese (82%) coinvolte nel survey ha espresso un giudizio positivo. Tra fatturato e portafoglio ordini, il 2024 si è concluso positivamente. C’è tuttavia qualche nube all’orizzonte – sarebbe strano il contrario – che turba la serenità della platea imprenditoriale, nelle previsioni del prossimo triennio.

Si tratta dei cosiddetti “fattori critici”: costi energetici, mancanza di adeguate risorse umane e conflitti internazionali. Per oltre la metà delle imprese rappresentano possibili rischi da affrontare, nel 2025. Al pari dell’aumento dei prezzi delle materie prime o delle difficoltà di approvvigionamento delle stesse. Una serie di elementi destabilizzanti, ai quali si aggiungono anche fattori endogeni, come inflazione e tassi di interesse.

Innovare e investire con Transizione 5.0

Qual è quindi la soluzione? Puntare sull’innovazione, oggi più che mai, in uno scenario sul quale sembra si stiano per abbattere gli effetti dell’imposizione daziaria statunitense. Dal suo canto, l’Italia ha un asso nella manica, sebbene a tratti possa sembrare una “figura” senza valore, per qualcuno. Ci riferiamo al Piano Transizione 5.0, croce e delizia del sistema di incentivi statali.

Al netto di tutte le critiche, ci sono ancora quasi 6 miliardi di euro disponibili per le imprese pronte ad investire. Al momento, sulle tempistiche e possibili destinazione dei fondi le opinioni appaiono discordanti. Non è ben chiaro cosa riserva il futuro, ma l’Osservatorio su un punto non ha dubbi. La metà delle imprese giudica positivamente o abbastanza positivamente le misure messe a disposizione da Transizione 5.0.

Transizione 5.0, tra aspettative e criticità

Nel dettaglio, 17 compagini su 100 pensano che lo strumento agevolativo possa fare la differenza. Le altre 33, pur ammettendo l’importanza della misura, sostengono che, forse, servirebbero più incentivi, all’interno delle stesse previsioni normative di Transizione 5.0. Per il 23%, addirittura, gli incentivi non sarebbero sufficienti. Eppure, non c’è la corsa alle domande: secondo gli ultimi dati di marzo 2025, dei 6,3 miliardi stanziati ne sono stati impegnati circa l’8%, pari a 484,8 milioni. Si tratta di una falsa percezione, probabilmente.

Ci sono poi 19 aziende su 100 che, per tipologia di attività svolta, non possono beneficiare del credito d’imposta 5.0. In effetti, il Piano prevede l’efficientamento energetico, sostenendo la transizione dei processi di produzione verso un modello sostenibile e basato sulle energie rinnovabili. E l’agevolazione copre gli investimentidigitalizzati, ma green-oriented.

Osservatorio MECSPE: il ruolo di digitalizzazione e nuove tecnologie

Dunque, per quanto orientato alla sostenibilità, il Piano Transizione 5.0 punta sugli investimenti anche digitalizzati. Questo si traduce con un ricorso alle nuove tecnologie e con una necessaria veloce implementazione. Nell’ultimo anno, secondo i dati dell’Osservatorio, il 71% delle imprese ha registrato una crescita digitale (importante per il 27%), raggiungendo livelli superiori a quelli del passato.

Sicurezza informatica, connettività/5G, cloud computing e Intelligenza Artificiale sono alcune tra le tecnologie maggiormente implementate. In particolare, è l’AI la preferita dalle imprenditorie (60% del campione intervistato), in quanto foriera di possibili benefici alle attività economiche. Con un’applicazione diretta nella comunicazione, analisi di mercato, controllo e qualità, assistenza e supervisione, automazione dei processi.

L’innovazione deve essere sostenibile. Parola dell’Osservatorio MECSPE

Il concetto di transizione ambientale, su cui si fonda il Piano 5.0, non può prescindere da un concetto attorno a cui ruota tutto: la sostenibilità. A tal proposito, l’Osservatorio prova a quantificare la percezione e la consapevolezza delle imprese, in tal senso. Ovvero quanto, ogni imprenditore, ritiene sostenibile la propria impresa. Una domanda delicata e molto più profonda di quel che sembra.

Perché, se è vero che solo il 14% sostiene di essere “poco o per nulla sostenibile” – con un 86% quindi diligente – di fatto le azioni concrete scarseggiano. Pensiamo, ad esempio, alla misurazione dell’impronta di CO2 (le emissioni di gas serra prodotte da un’attività). Solo il 28% delle imprese ha completato questo importante processo. E una quota simile implementerà tale misurazione entro il 2025. E le restanti? Non si professavano “sostenibili”?

Appare dunque necessario un percorso di integrazione trasversale della sostenibilità in azienda. Anche attraverso l’inclusione dei famosi criteri ESG – adottati (e adottandi) solo dal 35% del campione. Si punta quindi su quel 24% che si dice propenso a farlo, in futuro. E si guarda con stupore al 17% che non li ritiene necessari, per la propria attività. A questa percentuale si unisce un 20%, che non sa cosa siano. Oggi, nel 2025.

Il fattore Social, tra competenze e formazione

ESG è l’acronimo di Environmental, Social, Governance, che fa riferimento ai criteri ambientali, sociali e di governance, principi cardine della sostenibilità e modello di crescita economica. In particolare, la lettera S sottende un concetto molto ampio, che racchiude diversi aspetti. Tra cui la qualità dell’ambiente lavorativo e lo sviluppo delle risorse umane.

E, a tal proposito, ci colleghiamo alle competenze. L’Osservatorio ha condotto un’indagine per capire, secondo le aziende, quanto le expertise del personale risultino adeguate, in relazione alle esigenze di crescita. E la risposta è molto positiva, con il 91% degli intervistati che ravvisa un buon allineamento. Ovvero una adeguatezza elevata per il 53% e media per il 38%. Appare quindi in fieri un percorso di grande attenzione verso le formazione e lo sviluppo delle competenze.

Resta, invece, ancora scoperto un nervo sensibile, nel campo delle risorse umane. La carenza di lavoratori qualificati e il famoso mismatch tra domanda offerta. Per ovviare a tutto ciò, sempre più imprese ricorrono a strategiche partnership con Università e ITS Academy. In quella che appare una preziosa collaborazione, in grado di offrire percorsi formativi altamente specializzati per i settori tecnici. Puntando, sempre più, sull’inserimento immediato nel mondo del lavoro.

Manifatturiero italiano tra sfide e incentivi: i dati dell’Osservatorio MECSPE - Ultima modifica: 2025-03-14T12:23:36+01:00 da Marianna Capasso