Formazione 4.0

Come sviluppare le competenze in ottica Industria 4.0 per il futuro del manifatturiero

La Formazione 4.0: cos’è, a cosa serve

Per la transizione digitale ed ecologica del Paese non bastano tecnologie sempre più accessibili e “user friendly”. Servono task-force di tecnici specializzati, ingegneri e informatici e competenze digitali diffuse. Il loro compito è infatti quello di progettare, sviluppare, implementare, manutenere e valorizzare sistemi avanzati in azienda, con l’impiego delle tecnologie abilitanti l’Industria 4.0. Questa è caratterizzata dalla digitalizzazione e integrazione delle macchine e dei processi aziendali. Un ruolo sempre più strategico lo hanno l’analisi e l’interpretazione di una grande quantità di dati raccolti dal campo. L’obiettivo è infatti quello di prendere decisioni sempre più informate a vantaggio del business, dell’efficienza e dell’ottimizzazione aziendale, per assicurarsi una competitività sul medio-lungo periodo.

La cosiddetta “Formazione 4.0” ha dunque la funzione di fornire e consolidare le competenze che servono per realizzare delle industrie moderne e digitalizzate. Le tecnologie trattate che abilitano l’Industria 4.0 sono diverse. Big Data e analisi dei dati (data analytics), intelligenza artificiale, Cloud e Fog computing, Cybersecurity, simulazione e sistemi cyberfisici (digital twin), realtà virtuale e realtà aumentata, robotica avanzata e robotica collaborativa, interfaccia uomo-macchina, manifattura additiva (stampa 3D), Internet delle cose (IoT) e delle macchine.

Oltre alle competenze tecniche verticali, l’Industria 4.0 ha bisogno di soft skill digitali diffuse. Queste servono alla supervisione, al problem solving e alla capacità decisionale richiesti alle persone, proporzionalmente a ruolo e mansione, nell’era digitale. Capacità di lavorare in gruppi interfunzionali e di comprendere il punto di vista altrui, capacità critiche e analitiche, flessibilità mentale e adattabilità al cambiamento e all’apprendimento continuo sono le competenze “trasversali”. Ossia le competenze relazionali e comportamentali, necessarie all’Industria 4.0 anche per le caratteristiche integrative delle nuove tecnologie e la visione olistica dell’impresa. Inoltre, le tecnologie evolvono velocemente, con un ciclo di vita sempre più breve. Per questo, la formazione 4.0 dovrà essere una formazione continua, per assicurare l’aggiornamento e l’upskilling delle competenze sia hard sia soft.

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Le figure più richieste per l’Industria 4.0: chi sono e cosa fanno

Il mercato del lavoro sta evolvendo. I supporti digitali (software di controllo, di pianificazione, di previsione, gemelli digitali, cloud, piattaforme collaborative) entrano sempre più nei processi produttivi e nei flussi informativi. C’è una grande richiesta di profili tecnici specializzati. Le aziende più strutturate si contendono diplomati e laureati in discipline scientifiche. Servono informatici, Data Analyst e Data Scientist, Data Protection Officer esperti di cybersecurity, esperti di intelligenza artificiale e di machine learning. E anche esperti di prototipazione e stampa 3D.

Tra questi profili, una figura nuova e rara sul mercato è quella del Data Scientist, che organizza e clusterizza i dati che arrivano da fonti diversi e li struttura in modo omogeneo per costruire modelli di analisi e algoritmi, con linguaggi di programmazione come Python e R. L’obiettivo è quello di fornire informazioni attendibili che siano di supporto a decisioni aziendali “data driven”, ossia guidate dai dati.

Da una ricerca di Hunters Group risulta che il 40% delle aziende italiane ancora non sfrutti i dati come potrebbe. Non tanto per mancanza di tecnologia, quanto di figure esperte nell’analisi dei dati, con un aumento della domanda del 17% in un anno. Un’altra figura vicina al Data Scientist, che esiste da sempre ma che oggi è alle prese con grandi moli di dati provenienti da fonti diverse, è il Data Analyst. Questo raccoglie, elabora e interpreta i dati attraverso strumenti quali Sql, Excel e software di Data Visualization (PowerBI, Tableau…). Il suo compito è dunque di trasformate i dati in rapporti o dashboard per il management, facilitando la sua comprensione e supportando le decisioni aziendali.

Anche la richiesta dell’IoT Specialist è in crescita. Deve valorizzare i miliardi di dispositivi attivi che raccolgono dati in settori come quello sanitario, manifatturiero, dei trasporti e logistica e del tempo libero. L’IoT specialist progetta e implementa soluzioni software e infrastrutture per raccogliere dati dal campo in modo integrato, monitorare il funzionamento delle macchine e intervenire tempestivamente sui guasti. A sua volta, l’esperto di machine learning applica tecnologie di Intelligenza artificiale. Per fare previsioni e consentire, ad esempio, la manutenzione predittiva delle macchine.

Sono richiesti anche profili ibridi e interdisciplinari, come l’Innovation Manager. Questa figura guida i processi di innovazione e fa da interfaccia tra i fornitori e le funzioni aziendali.

Il trend del digital mismatch

L’Italia sconta una scarsa propensione alla formazione tecnico-scientifica. Questo rallenta e rende particolarmente critico il processo di reperimento e inserimento di profili tecnologici e digitali adeguati alle necessità dell’Industria 4.0. Oltre un terzo delle imprese dichiara di sperimentare il cosiddetto “digital mismatch” (letteralmente, disequilibrio digitale) tra domanda e offerta.

Secondo il Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, la difficoltà nel reperire personale dotato di competenze digitali di base varia tra il 35% e il 38% delle imprese. Il gap cresce fino al 40% per i profili matematico-informatici riconducibili alle materie Stem (Science, Technology, Engineering e Math), o con competenze in ottica di transizione 4.0.

Secondo l’Osservatorio Stem 2022 di Deloitte, ha difficoltà a trovare profili adeguati il 44% delle imprese in Italia. Queste hanno solo uno su quattro laureati in materie Stem (24,5%) e solo il 15% di laureate in materie scientifiche. La conseguenza è la difficoltà, anche per le aziende che stanno investendo in tecnologie 4.0, a trovare figure pronte a traghettarle verso l’Industria 4.0. D’altra parte, molte aziende, soprattutto pmi, hanno ancora un freno a investire in competenze digitali. Sia come upskilling delle professionalità interne, come IT, responsabile Ufficio tecnico o Operation Manager, sia come inserimento di nuove figure dedicate.

Secondo l’ultimo Osservatorio sull’Innovazione digitale nelle pmi del Politecnico di Milano, una su due (51%) le aziende non svolgono attività di formazione per sviluppare e potenziare le competenze digitali e solo l’8% intende integrare nell’organico figure con precise competenze digitali (Stem e/o alta formazione). Questo ritardo culturale ha ripercussioni dirette sulla digitalizzazione dei processi che, anche se avviata, spesso viene portata avanti con strumenti non avanzati.

Come invertire il trend del digital mismatch

Un approccio sistemico che coinvolga imprese, scuole, enti di formazione e agenzie per il lavoro può creare ponti tra sistema scolastico e mondo professionale che aiutino a invertire il trend di scarsità di profili specializzati.

Collaborazioni e iniziative comuni possono essere utili per orientare giovani e famiglie fin dalle scuole secondarie di primo livello. L’obiettivo è orientare, in base alle reali attitudini dei ragazzi, verso percorsi e scelte scolastiche più in linea con la domanda di competenze anche dei distretti industriali. Si possono organizzare incontri e visite aziendali anche per superare i pregiudizi diffusi sul lavoro in fabbrica. Oggi, infatti, la fabbrica 4.0 è pulita, innovativa e dotata di tecnologie avanzate, con possibilità di sviluppo professionale e di carriera. Servirà anche organizzare sempre più iniziative, con role model femminili di successo in ambito tecnologico, per superare i bias sulla non adeguatezza delle donne per le materie Stem. Dall’Osservatorio Stem Deloitte risulta che oltre il 40% degli studenti e dei Neet, a livello europeo, lamenti la mancanza di guida e orientamento nella scelta del percorso di studi.

Quindi, a livello di scuole secondarie di secondo livello, servirebbe potenziare le opportunità di formazione duale. In particolare con la formazione in apprendistato con gli istituti tecnici e professionali (apprendistato di primo livello) e con gli ITS Academy (apprendistati di secondo livello), per formare più velocemente operatori con competenze spendibili in azienda. In particolare, con i corsi post-diploma degli ITS sempre più spesso entrano in gioco le agenzie per il lavoro, che hanno reti e competenze per reclutare candidati idonei per percorsi di specializzazione professionalizzante.

Un ulteriore livello di collaborazione tra imprese e accademia è quello con gli ecosistemi dell’innovazione e della formazione 4.0, che coinvolgono università, centri di ricerca e Competence Center. Le imprese possono contribuire a progetti universitari di ricerca applicata e a progetti di innovazione e sviluppo. Sfruttano i benefici della contaminazione di sapere, esperienze e competenze. Da un lato, si accorciano infatti le distanze tra impresa e mondo accademico e si può essere più attrattivi verso il bacino degli studenti e dottorandi (employer branding). Dall’altro, è un modo per diffondere un approccio innovativo e innalzare le competenze al proprio interno, in un’ottica di formazione continua. L’attrattività di un’azienda da parte di giovani talenti si gioca sempre più sull’offerta di crescita personale e professionale, anche attraverso la formazione continua.

Il ruolo degli ITS Academy nella formazione 4.0

Gli ITS Academy sono Istituti Tecnologici Superiori, così rinominati dalla Legge che li regola dal 2022. Non vanno confusi con gli ITIS, gli Istituti Tecnici Industriali Statali della scuola secondaria di secondo grado. Gli ITS sono la via italiana alla formazione terziaria professionalizzante. Il modello di riferimento è la formazione duale tedesca che ha un sistema consolidato di integrazione tra formazione teorica e formazione pratica per tutte le scuole professionali e tecniche.

Nel nostro caso, gli ITS Academy nascono come percorsi biennali post-diploma, co-progettati da imprese, istituti scolastici e università. L’obiettivo è formare tecnici superiori specializzati nelle tecnologie più strategiche per l’Italia, con competenze subito spendibili nel mercato del lavoro. Il modello italiano, avviato nel 2010, ha la forma giuridica di Fondazioni pubblico-private, oggi 146.

Sono suddivise in sei aree strategiche. Efficienza energetica, Mobilità sostenibile, Nuove tecnologie della vita, Nuove tecnologie per il Made in Italy (Servizi alle imprese, Sistema agro-alimentare, Sistema casa, Sistema meccanica, Sistema moda), Tecnologie dell’informazione e della comunicazione, Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali – Turismo.

Di particolare interesse per l’Industria 4.0 sono gli ITS meccatronici, gli ITS logistici e quelli informatici. Il livello di placement è altissimo, con una media dell’82% a un anno dal diploma, che supera il 90% per i meccatronici. Su 2.000 ore, lo stage aziendale è obbligatorio per il 30% delle ore complessive. Almeno la metà del corpo docente proviene dal mondo del lavoro.

L’esperienza lavorativa in azienda può essere svolta con contratto di apprendistato di alta formazione e di ricerca, che è la modalità che sta prendendo più piede. I percorsi si concludono con verifiche finali, condotte da commissioni d’esame costituite da rappresentanti della scuola, dell’università, della formazione professionale ed esperti del mondo del lavoro. Le competenze in uscita, con il Diploma tecnico superiore, corrispondono al V livello del Quadro europeo delle qualifiche (European Qualification Framework). Per favorire la circolazione in ambito nazionale ed europeo, il titolo è corredato dall’Europass diploma supplement.

Formazione 4.0: il Credito d’imposta, i Fondi professionali e gli Incentivi regionali 

Cos’è e quando viene introdotto il Credito d’imposta per la Formazione 4.0

Le spese sostenute per la formazione del personale dipendente, in ambito 4.0, sono state oggetto di un’importante agevolazione nel corso degli anni. Alle imprese è stato infatti concesso un credito d’imposta per le attività formative, in specifiche aree di acquisizione o consolidamento delle competenze. Introdotta nel 2018, con la Legge di Bilancio (art. 1, c. da 46 a 56, Legge n. 205/2017), l’agevolazione è stata riconfermata nel corso dei vari esercizi, perché ritenuta uno strumento utilissimo. Tuttavia, con la Legge di Bilancio 2021 (art. 1, c. 1.064, lettere i) la fruibilità del credito è stata limitata, prevedendone la scadenza al 31 dicembre 2022, e provocando il malcontento dell’intera platea imprenditoriale. Nella Legge di Bilancio 2022, infatti, non è stata introdotta alcuna proroga, confermandone quindi l’operatività fino alla fine dell’anno de quo – come già anticipato nella Finanziaria 2021. Le discipline normative sono rimaste fedeli alla primordiale statuizione, se non con modifiche variabili delle aliquote. Esse definivano le spese di formazione, per il personale dipendente, come quelle “finalizzate all’acquisizione o al consolidamento delle competenze nelle tecnologie rilevanti per la trasformazione tecnologica e digitale delle imprese”. Tutto questo nell’ambito del Piano Transizione 4.0 (da ultimo) e inizialmente nel Piano Nazionale Impresa 4.0.

Gli ambiti operativi 4.0

In particolare, venivano considerate ammissibili le attività di formazione che riguardavano vendite e marketing, informatica, tecniche e tecnologia di produzione, in specifici ambiti operativi 4.0. Qui li citiamo tutti.

  • Big Data e analisi dei dati
  • Cloud e Fog Computing
  • Cybersecurity.
  • Simulazione e sistemi cyberfisici.
  • Prototipazione rapida.
  • Sistemi di visualizzazione, realtà virtuale (VR) e realtà aumentata (AR).
  • Robotica avanzata e collaborativa.
  • Interfaccia uomo-macchina.
  • Manifattura additiva (o stampa tridimensionale).
  • Internet delle cose e delle macchine.
  • Integrazione digitale dei processi aziendali.

Le aliquote variavano in base alla dimensione aziendale, e potevano subire variazioni in addendum, per specifiche condizioni di svantaggio. Le attività formative potevano essere realizzate con personale docente interno all’azienda. Ma anche tramite soggetti esterni accreditati, attraverso università pubbliche o private, o chiedendo il supporto di Istituti Tecnici Superiori. Questo, però, fino al maggio del 2022.

L’attuale disciplina per il Credito d’imposta Formazione 4.0

Con la Legge di Bilancio 2022, il Credito d’imposta per la formazione 4.0 è stato definitivamente stralciato dalle previsioni normative, non essendoci alcuna menzione a riguardo. L’agevolazione ha continuato ad esistere in virtù delle disposizioni riportate nella Legge di Bilancio 2021. Queste disposizioni estendevano a tutto il 2022 la possibilità di utilizzare il credito, seppur con aliquote già ribassate rispetto agli anni precedenti. La Legge stabiliva che, per le spese ammissibili in formazione 4.0, nel 2022 sarebbero stati riconosciuti i seguenti crediti.

  • 50% (non oltre i 300mila euro), alle piccole imprese.
  • 40% (non oltre i 250mila euro) alle medie imprese.
  • 30% (non oltre i 250mila euro), alle grandi imprese.

Nel mese di maggio 2022, il Decreto Energia e Investimenti (anche noto come Decreto Aiuti, approvato il 2 maggio 2022 dal CdM,) ha modificato nuovamente la materia relativa al credito d’imposta, con riferimento al piano Transizione 4.0. L’intervento è stato sulle aliquote relative all’agevolazione per investimenti in beni immateriali 4.0 e per formazione 4.0. Sono stati lasciati tutti gli altri crediti immutati, secondo quanto disposto dalla Finanziaria per il 2022. Tutto ciò avveniva tra lo stupore della platea imprenditoriale. Dopo poco più di sei mesi, la misura sarebbe comunque sparita! Dunque, l’articolo 21 del “nuovo” Decreto stabiliva questi nuovi crediti.

  • 70% (non oltre i 300mila euro) per le piccole imprese (dal precedente 50%).
  • 50% (non oltre i 250mila euro) per le medie imprese (dal precedente 40%).
  • 30% (non oltre i 250mila euro), per le grandi imprese (immutato).

Dopo l’iniziale entusiasmo, è stato chiaro che la modifica non avrebbe portato a grossi cambiamenti. L’aumento delle aliquote sarebbe stato applicabile solo qualora l’erogazione delle attività formative fosse provenuta da specifici soggetti. E così, con l’articolo 2 del Decreto Direttoriale del MIMIT (allora MiSE) del luglio 2022 venivano chiarite le condizioni per l’applicazione della maggiorazione.

I soggetti accreditati per la Formazione 4.0

Per quanto riguarda i soggetti, sono stati confermati quelli già individuati in precedenza. Quelli cioè accreditati per lo svolgimento di attività di formazione finanziata presso Regioni e Province, Università, i soggetti incaricati presso i fondi interprofessionali, gli ITS e i soggetti in possesso della certificazione di qualità Uni En ISO 9001:2000 settore EA 37. Si sono poi aggiunte due nuove tipologie di formatori 4.0. Si tratta degli otto Competence Center 4.0 e dei trenta EDIH, gli European Digital Innovation Hub, poli innovativi che supportano le imprese nelle sfide digitali. Pertanto, al momento, restano in vigore le suddette regole, in quanto sono le ultime stabilite. Anche se, di fatto, non è più possibile fruire dell’agevolazione. La Legge di Bilancio per il 2024 non ha riservato sorprese e ora tutto è concentrato sulla  formazione nel Piano Transizione 5.0.

Quali sono gli altri strumenti per la Formazione 4.0

I Fondi

In attesa di una reintroduzione del credito d’imposta per la formazione 4.0, le imprese possono indipendentemente utilizzare altre forme di supporto economico. Con il medesimo intento di offrire, ai dipendenti, un accrescimento delle proprie competenze, restando nell’ambito tecnico prescelto. Attraverso speciali Fondi, sarà quindi possibile restare competitivi e aggiornati.

Con l’articolo 118 della Legge n. 388 del 2000 (Legge finanziaria per il 2001) sono stati introdotti i Fondi Paritetici Interprofessionali Nazionali per la Formazione Continua. Probabilmente è questo l’unico strumento ad oggi costantemente utilizzato dalle aziende. I Fondi sono fondamentalmente associazioni promosse da organizzazioni datoriali e sindacali, e gestiti da organismi autorizzati. Questi fondi sono finanziati con una quota pari allo 0,30% dei contributi destinati all’INPS “dal monte salario di ogni singolo dipendente”. Le somme si accantonano e le aziende aderenti possono attingere dal Fondo per finanziare la formazione e offrire ai propri dipendenti un aggiornamento continuo.

La vigilanza dei Fondi è stata, in passato, affidata all’ANPAL (l’Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro). L’Ente, però, è stato soppresso. Dal 1° marzo 2024 le sue funzioni sono state attribuite al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Anche l’elenco dei Fondi interprofessionali operativi è traslato sul sito del dicastero.

Esistono, poi, anche i Fondi bilaterali, istituiti per finanziare gli interventi formativi destinati ai lavoratori in somministrazione. Ogni Fondo, in modo diverso, promuove la sua offerta formativa inerente a diverse tematiche, tra cui anche quelle che rientrano nel Piano Transizione 4.0. Ci sono Fondi, ad esempio, che pubblicano Avvisi e Bandi. Altri che operano tramite “Conti aziendali”. Altri ancora con “Conti aggregati”, tramite l’accantonamento del capitale versato dall’azienda, in un conto specifico al quale si può poi far riferimento, quando necessario. In considerazione del forte interesse in tema Transizione 4.0, nell’ultimo biennio sono partiti diversi progetti formativi in materia. Così, a chi non lo avesse ancora fatto, si consiglia di aderire a uno dei Fondi. Pensiamo a Fondimpresa, uno tra i più noti. Dal 14 novembre 2023 al 9 aprile 2024 ha accolto i Piani delle imprese, per finanziare la formazione in ambito Green Transition e Circular Economy. Recentemente, poi, ha riaperto i termini per i piani formativi sul Conto Formazione delle PMI aderenti di minori dimensioni. Nel mentre, sono state incrementate anche le risorse per la formazione a sostegno dell’innovazione digitale e/o tecnologica di prodotto e/o di processo nelle imprese aderenti.

C’è poi il Fondo Nuove Competenze, uno strumento di politica attiva, cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo e gestito (in passato) da ANPAL. Nato per supportare la formazione nelle competenze digitali di base e specifiche, al momento è in attesa di rifinanziamento.

Gli Incentivi regionali

Esistono poi numerosi incentivi regionali. Tra le varie, la Lombardia è probabilmente la Regione che promuove in modo più incisivo i percorsi formativi. Lo fa per favorire lo sviluppo del capitale umano in diversi ambiti, tra cui anche quello afferente a Transizione 4.0. Attraverso “Formazione Continua”, ad esempio, sono concessi voucher aziendali, con riferimento ai corsi in catalogo. Tra questi ci sono anche quelli in ambito Industria 4.0. Salvo esaurimento delle risorse, c’è tempo fino al 28 novembre del 2024 per presentare on-line la domanda di voucher. Sempre in Lombardia, il 5 settembre 2023 è partita la misura “Linea Competenze 21-27 per l’innovazione green e digitale delle imprese lombarde”, per sostenere la formazione nell’ambito delle transizioni gemelle. La dotazione finanziaria, pari a 5 milioni di euro, è spalmata su sei annualità. Ci sono 500mila euro nel 2023, 1,5 milioni nel 2024, un milione rispettivamente nel 2025 e nel 2026, e 500mila euro per ognuno degli anni 2027 e 2028.

Anche la Regione Piemonte, con il contributo del Fondo Sociale Europeo, investe sulla formazione dei dipendenti delle imprese locali. Favorisce l’aggiornamento, la qualificazione e riqualificazione delle loro competenze professionali. Con D.G.R. n. 22-7320/2023 è stato approvato l’Atto di Indirizzo per la formazione individuale continua e permanente. Le risorse sono pari a 15 milioni di euro, da destinare ai vari bandi di prossima apertura. Sul portale ufficiale della Regione sono indicati i diversi bandi in arrivo nel 2024 e quelli già attivi.

Diretta all’obiettivo, poi, la Regione Emilia-Romagna, con un vasto catalogo di percorsi formativi. Sono tutti finalizzati a rafforzare le conoscenze e le competenze dei cittadini e dei lavoratori, per renderle adeguate a sostenere le transizioni ecologica e digitale. I bandi, finanziati con risorse del Pr Fse Plus 2021-2027, sono pubblicati sull’apposita pagina della Regione e sono aggiornati di continuo.

Lezione 10. Python, Raspberry Pi e le soluzioni per l’estate

Nella sezione "Appunti di Automazione", in collaborazione con Greta Galli, accompagniamo gli studenti di istituti secondari superiori e ITS nella costruzione di un progetto che copre le basi fondamentali di elettronica e informatica.

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Formazione 4.0 - Ultima modifica: 2023-10-17T16:56:43+02:00 da La Redazione