Era il marzo del 2011 quando, a seguito del terremoto in Giappone, un'enorme onda si abbatté sulla centrale nucleare di Fukushima. La struttura, per quanto fosse la più vecchia ancora operativa nel Paese, resistette agli eventi naturali, ma l'acqua del mare provocò l'arresto del sistema di raffreddamento, erroneamente installato in una posizione più bassa (e quindi allagabile). La conseguenza di quell'evento fu un disastro nucleare, le cui conseguenze sono tristemente note, e una vicenda giudiziaria che si trascina da anni.
Solo lo scorso settembre, un tribunale giapponese ha attribuito a Tepco (Tokyo Electric Power) le colpe di quanto accaduto, obbligando l'azienda a rifondere i danni.
Nei giorni scorsi, però, Tepco ha ottenuto anche una vittoria, in quanto la Nuclear Regulation Authority, ovvero l'autorità di controllo del settore, ha autorizzato l'azienda a riattivare i reattori numero 6 e 7 della centrale atomica di Kashiwazaki-Kariwa, il maggior impianto nucleare del mondo.
Una scelta, seguita alla sospensione cautelativa a seguito dell'incidente, dettata dal fatto che i due reattori in questione sono di recente costruzione e, secondo quanto appurato dalle autorità, soddisfano i nuovi criteri di sicurezza imposti dopo Fukushima. Un'autorizzazione che giunge dopo una serie di investimenti dell'operatore giapponese.
Una decisione pesantemente criticata da Greenpeace, secondo cui le autorità di regolamentazione si sono dimostrate “deboli” rispetto alla lobby del nucleare, in quanto l'impianto in questione è basato su reattori ad acqua pesante, simili a quelli di Fukushima.
In realtà, analizzando i rilievi tecnici, emerge come la riapertura sia tutt'altro che imminente.
L'impianto si trova infatti nel Mar del Giappone, in una posizione relativamente vicina alla Corea del Nord, e la riattivazione deve comunque essere autorizzata dalle autorità locali, che chiederanno il consenso preliminare della popolazione. Un consenso tutt'altro che scontato, sia per i timori di un attacco militare condotto dai nord coreani, sia per l'irrisolta situazione della centrale di Fukushima. I lavori di messa in sicurezza, che comportano la rimozione delle barre di combustibile dai reattori, richiederanno infatti ancora quattro o cinque anni. Un lasso di tempo in cui l'attenzione mediatica sarà focalizzata sui danni di un incidente nucleare.