Un tema di grande attualità che avrà un importante impatto anche sull’automazione industriale: ne abbiamo parlato con Gianbattista Gruosso, Professore Associato di Elettrotecnica, Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bio ingegneria del Politecnico di Milano.
Da più parti si considera l’Internet of Things come evoluzione del Machine to Machine, anche se quest’ultima tecnologia nasce per lo scambio dati tra macchine, mentre l’Internet of Things meglio si colloca in un contesto di acquisizione dati dal campo. Quale la sua opinione al riguardo? E inoltre, cogliendo l’occasione, a beneficio dei nostri lettori ci può dare, posto sia possibile e opportuno, una sua spiegazione di cosa si intende per Internet of Things?
Intanto inizierei con una metafora. Se si pensa al comportamento degli stormi di uccelli si riesce ad avere una chiara visione di cosa si intende per Internet of Things e soprattutto della differenza con il Machine to Machine: uno o più uccelli possono tra di loro comunicare, coordinarsi per effettuare un compito in relazione con il contesto in cui si trovano come per esempio costruire un nido o sfamare un piccolo. Questo è molto simile al concetto di Machine to Machine dove i sistemi sono in grado di comunicare tra loro e svolgere il proprio compito in funzione delle condizioni dell’altro. Ma quando gli uccelli diventano uno stormo sono dotati di un intelligenza collettiva: è lo stormo a compiere una azione, dove gli individui si sincronizzano in maniera più o meno tacita al fine di muoversi in una unica direzione. Cosi è l’Internet of Things, dove i sistemi costituiscono uno stormo, o, se vogliamo, una comunity, e si muovono in modo sincronizzato al fine di autoregolarsi verso l’obiettivo della comunity stessa. Relegare l’Internet of Things a semplice ruolo di acquisizione è sminuente: esso rappresenta la capacità degli oggetti di interagire con contesti diffusi come è Internet, dove le azioni dei singoli sono in realtà interdipendenti. Il Machine to Machine io lo vedrei come un sottoinsieme dell’Internet of Things, dove l’iterazione è solo tra macchinari, mentre nell’Internet of Things anche le persone possono essere coinvolte in quanto possono interagire con le cose. In altre parole, possiamo definire l’Internet of Things come una rete distribuita in cui macchine, oggetti e persone sono in grado di interagire tra di loro parlando un linguaggio comune che è appunto quello legato a Internet.
Una domanda sullo stato dell’arte: quali sono i principali obiettivi tecnologici e normativi da raggiungere per rendere realmente fruibile l’Internet of Things nell’automazione industriale e più in generale nel contesto industriale?
Il primo obiettivo normativo è senz’altro quello di standardizzare le comunicazioni e i linguaggi. Oggi il mondo dell’automazione ha sempre avuto i suoi protocolli di comunicazione, spesso diversi da quelli di altri contesti. Diventa pertanto necessario usare un protocollo condiviso per la comunicazione e lo scambio dei dati. Il mondo di Internet ha gia protocolli adatti a queste funzioni, e che ben si prestano a svolgere le funzioni richieste. Quello che diventa difficile e convertire le esigenze del mondo industriale e dei suoi protocolli con tutto quello che è il mondo di Internet. Il mondo del consumer spesso invece non ha avuto nessun protocollo di comunicazione, si pensi per esempio a un forno, e spesso nessun dispositivo di comunicazione. In questo contesto è necessario lo sviluppo di tecnologie abilitanti in grado di far comunicare oggetti che tradizionalmente non sono stati pensati per farlo. Anche lo sviluppo di Protocolli IPV6 è attualmente uno dei punti abilitanti del contesto Internet of Things, in quanto permetterà ai singoli prodotti connessi in rete di avere una propria identità univoca da quando vengono realizzati a quando sono dismessi, con tutti i servizi e vantaggi che possono nascere di conseguenza.
Prendiamo in considerazione Internet of Things e Cloud Computing: indubbiamente le due tecnologie, per quanto spesso di faccia uso del termine più ampolloso di “paradigmi”, sono tra loro interconnesse, anche se il Cloud Computing possiede una propria autonomia comunque, mentre l’Internet of Things probabilmente necessita di un’integrazione nel mondo Cloud. Ci può chiarire questi concetti?
Effettivamente i due termini possono creare confusione anche perché non sempre sono chiari. In molti casi i due termini possono essere visti come sinonimi. L’Internet of Things non è il fatto che il dispositivo si colleghi alla rete ma piuttosto quello che ci siano dei servizi in grado di farli funzionare. L’Internet of Things è in altre parole il Cloud delle cose. Nello stesso tempo il Cloud è spesso relegato a luogo di conservazione e archiviazione, ma in realtà è un luogo di intelligenza diffusa dove computer e utenti possono interagire condividendo le risorse, in altre parole un Machine to Macine relegato al mondo della Office Automation. In questo contesto Internet of Things e Cloud sono sicuramente due termini tramite i quali indicare lo stesso modo di operare. Una delle sfide oggi più interessanti dell’Internet of Things è quella di far parlare i suoi sistemi tramite tecnologie SOAP, vale a dire Simple Object Access Protocol, che sono in fondo le stesse tecnologie del Cloud Computing.
Nell’ambito dell’università in cui lei opera, quindi il Politecnico di Milano, come si colloca la ricerca relativa ai temi che abbiamo sin qui trattato? Quali filoni sono particolarmente perseguiti?
In questo momento il Politecnico di Milano è all’avanguardia sulla ricerca in questi termini. Si parte dalle tematiche di architettura e di sistema che vedono coinvolte il mio dipartimento tramite per esempio il laboratorio ANT, Advanced Network Technology, alle tematiche legate per esempio agli algoritmi di misura, di monitoraggio e di diagnostica in cui lavora il mio gruppo di ricerca, e infine le tematiche di contesto e gestionali che vendono coinvolti gli osservatori promossi dal dipartimento di ingegneria gestionale.
Sentiamo parlare di recupero, da parte di produttori di sistemi di automazione, di dati diagnostici relativi ai macchinari operativi in linee di produzione presso utenti clienti, non per trasferimento ai clienti stessi, ma per strutturare informazioni atte a una loro programmazione di piani di intervento manutentivo. Questo già avviene oppure è da considerarsi come prospettiva futura, una delle tante possibilità che saranno rese disponibili con l’Internet of Things?
Attualmente questo è un tema caldo e a me molto caro. Da qualche anno ci stiamo occupando di tecniche di diagnostica e manutenzione predittiva di sistemi elettrici e in questo contesto l’Internet of Things trova una forte spinta. Le soluzioni oggi in grado di inviare i dati a sistemi di supervisione sono già una realtà anche se vengono implementati con tecnologie tradizionali, per esempio GSM e download di file da parte di operatori, ma sempre di più si stanno creando sistemi in grado di inviare automaticamente le proprie informazioni in rete. Del resto questo è alla portata di tutti quando parliamo di Software e sistemi operativi. Oggi tutti siamo abituati agli Update del software e molto spesso questi update sono “personalizzati” ciòè contestualizzati allo stato della macchina che possediamo. A breve credo che ci saranno le prime versioni di Internet of Things per la manutenzione direttamente interconnesse alla rete.
Breve profilo dell’intervistato
Giambattista Gruosso è Professore Associato di Elettrotecnica presso il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano. Da molti anni opera sulla simulazione e sull’analisi dei sistemi elettrici ed elettronici, con particolare attenzione allo sviluppo di algoritmi. Negli ultimi anni si è occupato di modelli di previsione e di analisi dei consumi e dei guasti nei sistemi elettrici con l’estensione verso i sistemi embedded e l’Internet of Things. Giambattista Gruosso è senior member IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers ed è autore di numerose pubblicazioni nel settore.